Meccanismo d’azione
La somministrazione di anticorpi passivi offre l’unica strategia disponibile a breve termine per conferire l’immunità immediata agli individui sensibili. Ciò è particolarmente vero nel contesto di una nuova malattia infettiva emergente come nel caso di COVID-19 causata dal virus SARS-CoV-2.
La terapia con anticorpi passivi prevede la somministrazione di anticorpi contro un determinato agente infettivo derivanti da un individuo sensibile allo scopo di prevenire o curare una malattia infettiva dovuta a tale agente. Mentre la vaccinazione attiva richiede l’induzione di una risposta immunitaria che richiede tempo per svilupparsi e varia a seconda del destinatario del vaccino ma può offrire un’opzione terapeutica duratura, il plasma umano anti-SARS-CoV-2 è l’unica strategia terapeutica immediatamente disponibile per l’uso per trattare COVID-19.
L’esperienza del trattamento già applicato durante precedenti epidemie causate da altri coronavirus, come SARS-CoV-1, mostra che il plasma convalescente contiene anticorpi neutralizzanti per il virus in questione.
Gli anticorpi presenti nel plasma convalescente manifestano il loro effetto terapeutico attraverso diversi meccanismi. L’anticorpo può legarsi a un determinato patogeno ad esempio ad un virus, interferendo con la sua capacità di replicarsi e così neutralizzando direttamente la sua infettività, ma vi sono anche altri percorsi mediati dall’anticorpo come ad esempio l’attivazione del complemento, la citotossicità cellulare anticorpo-dipendente o la fagocitosi che possono contribuire al suo effetto terapeutico.
Nel caso di SARS-CoV-2, si prevede che il meccanismo d’azione della terapia con anticorpi passivi sia la neutralizzazione virale.
Una possibile fonte di anticorpi per SARS-CoV-2 è il plasma convalescente ovvero il plasma di individui guariti dall’infezione e che si sono ripresi da COVID-19.
In generale la terapia con anticorpi passivi è più efficace se utilizzata per la profilassi invece che per il trattamento della malattia.
Una delle condizioni per rendere più efficace il trattamento è che venga somministrato poco dopo l’insorgenza dei sintomi. Il motivo della variazione temporale dell’efficacia non è ben conosciuto, ma potrebbe spiegarsi con il fatto che l’anticorpo passivo agisce neutralizzando la limitata presenza del virus iniziale, che probabilmente sarà molto più modesta di quella della malattia conclamata. Un’altra spiegazione è che l’anticorpo agisce modificando la risposta infiammatoria, e ciò si ottiene più facilmente durante la risposta immunitaria iniziale, in uno stadio che addirittura può essere asintomatico.
Precedenti storici
La terapia con anticorpi passivi ha una lunga storia alle spalle che risale al 1890 ed era l’unico mezzo per curare alcune malattie infettive prima dello sviluppo della terapia antimicrobica negli anni ’40.
All’inizio del XX secolo sieri convalescenti venivano usati per arginare focolai di malattie virali come poliomielite, morbillo, parotite e influenza. Una meta-analisi retrospettiva di otto studi sull’uso di sieri convalescenti che hanno coinvolto 1703 pazienti durante la pandemia del virus dell’influenza H1N1, conosciuta come influenza spagnola del 1918 suggerì che quelli che avevano ricevuto siero avevano una mortalità più bassa. Sebbene l’efficacia dei sieri convalescenti sia variata con il virus e lo studio, all’epoca si era constatato che questo intervento era utile ed era utilizzato in numerosi focolai. È interessante notare che storicamente i sieri convalescenti sono stati sviluppati e utilizzati in molti casi senza i mezzi per misurare i titoli anticorpali o la conoscenza dei sierotipi virali e in studi clinici che non soddisfacevano i moderni criteri di randomizzazione.
Più recentemente, il plasma convalescente è stato usato in altre due epidemie di coronavirus avvenute nel 21 ° secolo: SARS1 nel 2003 e MERS (Middle East respiratory syndrome coronavirus, causata dal virus MERS-CoV) nel 2012. L’esperienza del trattamento in questi focolai mostra che l’uso del plasma convalescente può avere un ruolo terapeutico, soprattutto perché attuabile dato che contiene anticorpi neutralizzanti e perché è considerato poco rischioso.
Chi può donare il plasma convalescente?
L’unica possibile fonte di plasma convalescente è data dai soggetti con recentissima e documentata infezione da SARS-CoV-2 e che aderiscono volontariamente ed in maniera informata alla donazione mediante aferesi di plasma dedicato alla terapia delle infezioni complicate del SARS-CoV-2.
Per la raccolta è raccomandata l’aferesi (plasmaferesi) piuttosto che la donazione di sangue intero per ottimizzare la resa del plasma convalescente. L’aferesi si riferisce a una tecnologia automatizzata in cui il sangue intero viene continuamente centrifugato nei suoi componenti (cioè globuli rossi, plasma, piastrine); ciò consente la raccolta selettiva della frazione ematica desiderata con ritorno degli altri componenti al donatore. Questo è altamente efficiente: circa 400-800 ml di plasma da una singola donazione di aferesi, che fornisce quindi 2-4 unità di plasma convalescente per trasfusioni. Le unità in seguito vengono sottoposte e dovranno risultare negative ai test di qualificazione biologica, in particolare test per infezioni trasmissibili per trasfusione (ad esempio HIV, virus dell’epatite B e C ecc…) previsti di routine per donatori di sangue.
Si tratta di raccogliere un emocomponente con alcune deroghe rispetto agli standard definiti dai criteri di selezione di cui al DM 2.11.2015, tali deroghe possono riguardare l’età del donatore, un intervallo dalla guarigione clinica breve, ovvero inferiore al doppio del periodo di incubazione e l’impiego per uso clinico di donatori non precedentemente testati e quindi senza una precedente storia di prelievi che ne qualifichi il profilo di sicurezza. Vanno invece rispettati gli altri criteri di selezione del donatore di cui al citato DM 2.11.2015, ed in particolare l’esclusione di soggetti sottoposti a terapia trasfusionale o con precedenti gravidanze.
È quindi prevista la raccolta di plasma da soggetti guariti di recente da COVID-19 precedentemente ospedalizzati o paucisintomatici in quarantena fiduciaria a domicilio e sottoposti a sorveglianza attiva a seguito di test risultato positivo, purché con le seguenti caratteristiche:
- Devono essere trascorsi almeno 14 giorni dalla guarigione clinica (risoluzione dei sintomi) e dalla documentata negatività di due test su tampone nasofaringeo effettuati a 24 ore uno dall’altro immediatamente prima della dimissione del paziente (se ospedalizzato);
- Deve possedere un adeguato titolo sierico (cioè l’inverso della più bassa concentrazione (o della più alta diluizione) del siero del paziente che mantiene attività rilevabile nei confronti di un antigene noto) di anticorpi specifici (> 160 rilevato con metodica EIA secondo la FDA americana, > 320 secondo gli standard europei).
In aggiunta a questi pazienti convalescenti, va considerato che già da ora ma più ancora col passare delle settimane è prevedibile l’aumento del numero di persone che hanno contratto la malattia in forma asintomatica o paucisintomatica e che ne sono guariti; fra questi certamente vi sono numerosi individui già appartenenti alla categoria dei donatori di sangue abituali. Se nel loro siero il titolo di anticorpi specifici è > 160 con metodica EIA queste persone rientrano a pieno titolo nella categoria di donatori utilizzabili per la produzione di plasma iperimmune dato che già rispondono ai requisiti dei donatori abituali di sangue e se dalla guarigione clinica della malattia è trascorso un tempo pari o superiore al doppio del periodo di incubazione (quindi almeno 28 giorni).
Questo secondo gruppo di persone costituisce una fonte verosimilmente importante di plasma iperimmune, in una popolazione che ha il vantaggio di non richiedere l’applicazione di alcuna deroga ai requisiti di ammissione alla donazione. Il loro reclutamento può avvenire molto semplicemente effettuando una ricerca e una titolazione di anticorpi anti SARS-CoV-2 nella popolazione dei donatori all’atto della donazione di plasma, elemento che può contribuire anche a studiare l’epidemiologia della malattia, contribuendo a definire, nel medio periodo, incidenza e prevalenza della patologia.
Requisiti del plasma convalescente
Il plasma donato dovrà risultare negativo alla ricerca del SARS-CoV-2 mediante metodiche molecolari.
Sul plasma andranno inoltre determinati:
- Il contenuto delle Immunoglobuline (IgG, IgA e IgM)
- Il titolo di anticorpi specifici (come già definito a riguardo della qualificazione del donatore, questo deve essere > 320)
La finalità di queste determinazioni è quella di poter successivamente comparare, sia pure in modo semi-quantitativo, l’entità di principio attivo somministrato al paziente, per effettuare valutazioni di rapporto dose/efficacia.
Indicazioni e modalità d’impiego clinico
Non vi sono evidenze conclusive sull’indicazione all’impiego del prodotto. Quanto emerge dalla letteratura e dal confronto con le esperienze condotte in Asia si suggerisce che il trattamento sia raccomandabile in pazienti in condizioni severe e/o nella malattia rapidamente progressiva e la risposta è migliore in pazienti che al momento della infusione sono PCR positivi ma sieronegativi per coronavirus rispetto a pazienti già sieropositivi.
Sicuramente il trattamento deve essere riservato per pazienti adulti con positività alla ricerca mediante RT-PCR di SARS-CoV-2 su tampone nasale o da campione respiratorio profondo, con diagnosi di ARDS (Acute Respiratory Distress Syndrome) moderata-grave da ≤10 giorni.
Molti degli studi clinici in corso prevedono una stratificazione della gravità su parametri clinici o strumentali tra cui:
- Frequenza respiratoria >30 atti al minuto;
- PaO2/FiO2 <200 mmHg in ossigeno;
- Saturazione O2 <93% in ossigeno;
- Ricorso all’intubazione tracheale con ventilazione meccanica o alla ventilazione non invasiva;
- Imaging radiologico (TC, RX, Ecografia) di opacità polmonari bilaterali non pienamente spiegabili da versamento, atelettasia lobare o polmonare, o noduli;
- Insufficienza respiratoria non pienamente spiegabile da insufficienza cardiaca o sovraccarico idrico (previa esclusione di cause idrostatiche dell’edema in assenza di fattori di rischio mediante valutazione oggettiva, per esempio ecografica;
- Periodo di ricovero in Unità di Terapia Intensiva
Criteri di esclusione
- Diagnosi di ARDS moderata-grave da >10 giorni;
- Pazienti con comprovata ipersensibilità o reazione allergica a emoderivati o immunoglobuline.
Volume e posologia
Anche per il volume e la posologia di somministrazione le modalità di impiego sono al momento aneddotiche; le esperienze sin qui condotte si basano sull’impiego del plasma iperimmune in precedenti epidemie e sul confronto diretto tra esperti, soprattutto cinesi, e suggeriscono la somministrazione di volumi da 200 a 600 ml di plasma iperimmune (corrispondenti circa a dosaggi da 8 a 10mL/Kg e fino a un massimo di 600 ml) una volta al giorno da uno a tre giorni consecutivi, schema eventualmente ripetibile una volta. L’utilizzo di volumi superiori di plasma sarebbero controindicati per il rischio di sovraccarico.
Timing di somministrazione
Come accennato in precedenza è raccomandato il ricorso tempestivo al trattamento; pertanto la somministrazione è ottimale nei primi 7 giorni, di buona efficacia entro i 14 giorni, certamente non indicata oltre le tre settimane dall’esordio della malattia.
Risultati
In tutti gli studi presi in considerazione i pazienti sono stati ricoverati in terapia intensiva e hanno ricevuto terapia antivirale e altre cure di supporto, mentre alcuni pazienti hanno ricevuto un trattamento antibiotico, un trattamento antifungino, glucocorticoidi e supporto di ossigeno nella situazione appropriata.
Dagli studi emerge innanzitutto un miglioramento dei sintomi clinici.
I sintomi nei pazienti trattati, in particolare febbre, tosse, respiro corto e dolore toracico, sono scomparsi o sono migliorati in gran parte entro 1 o 3 giorni dopo trasfusione di plasma convalescente. Negli studi presi in considerazione prima del trattamento con plasma convalescente una parte considerevole dei pazienti erano stati sottoposti a ventilazione meccanica o hanno ricevuto ossigenoterapia attraverso cannule nasali ad alto flusso.
È stata registrata una riduzione delle lesioni polmonari agli esami TC del torace.
Secondo le TC del torace, i pazienti hanno mostrato diversi gradi di assorbimento delle lesioni polmonari dopo trasfusione del plasma.
Miglioramento dei criteri di laboratorio di routine e della funzione polmonare.
La linfocitopenia, un importante indice di prognosi nella COVID-19, tende a migliorare dopo la trasfusione di plasma. Per quanto riguarda altri test di laboratorio, si osserva una tendenza al decremento dei parametri indicativi di infiammazione e /o disfunzione epatica rispetto allo stato precedente al trattamento. Negli studi inoltre è stato riscontrato un aumento della SaO2, un parametro costantemente valutato nella maggior parte dei pazienti e che potrebbe indicare il recupero della funzionalità polmonare.
Rischi e benefici
Valgono anche per questo prodotto tutte le cautele nei confronti degli effetti indesiderati e delle controindicazioni comuni alla terapia con plasma umano; tra queste si sottolineano in particolare:
- La controindicazione assoluta alla sua somministrazione nei deficit completi di IgA, ragione per la quale si raccomanda il dosaggio delle IgA prima dell’inizio della terapia.
- La cautela nei confronti del sovraccarico circolatorio.
- Dato che il plasma convalescente viene probabilmente somministrato a soggetti già affetti da patologia polmonare, in cui l’infusione di plasma comporta un certo rischio di danno polmonare acuto correlato alle trasfusioni (TRALI), questo dovrebbe essere considerato nella valutazione rischio-beneficio.
- Un rischio teorico da prendere in considerazione è il fenomeno del potenziamento dell’infezione dipendente dall’anticorpo (ADE). L’ADE può verificarsi in diverse malattie virali e comporta un potenziamento della malattia in presenza di determinati anticorpi. Per i coronavirus, sono stati descritti diversi meccanismi e vi è la preoccupazione teorica che gli anticorpi verso un tipo di coronavirus possano migliorare l’infezione verso un altro ceppo virale.
- Altro rischio in cui si può incorrere è dato dal fatto che con il plasma vengono trasfusi anche fattori della coagulazione è ciò comporta un aumento del rischio tromboembolico ulteriormente già aumentato da COVID-19. Di conseguenza si possono avere eventi avversi dati dalla tromboembolia polmonare.
- Un altro rischio teorico è che la somministrazione di anticorpi a soggetti esposti a SARS-CoV-2 può prevenire la malattia in modo da attenuare la risposta immunitaria, lasciando tali soggetti vulnerabili alla successiva reinfezione. A questo proposito, è stato riportato che la somministrazione di anticorpi passivi prima della vaccinazione con virus respiratorio sinciziale attenua l’immunità umorale ma non cellulare. Questa preoccupazione potrebbe essere approfondita a parte come parte di un futuro studio clinico misurando le risposte immunitarie nei soggetti esposti e trattati con sieri convalescenti per prevenire la malattia. Se il rischio si rivelasse reale, queste persone potrebbero essere vaccinate contro COVID-19 quando un vaccino diventerà disponibile.
I dati aneddotici attuali e storici sull’uso del plasma convalescente suggeriscono che è sicuro nel trattamento dell’infezione da coronavirus, e data l’elevata mortalità di COVID-19, in particolare nelle persone anziane e vulnerabili, suggerisce che i benefici del suo uso in pazienti selezionati superano i rischi. Tuttavia, per tutti i casi in cui si considera la somministrazione di plasma convalescente, è necessario condurre una valutazione del rapporto rischio-beneficio per valutare le singole variabili.
Fonti Bibliografiche
-
Casadevall, A., & Pirofski, L. (2020). The convalescent sera option for containing COVID-19. Journal of Clinical Investigation, 130(4), 1545–1548. https://doi.org/10.1172/jci138003
- http://www.simti.it/news_rec.aspx?id=30755&prec=0
-
Duan, K., Liu, B., Li, C., Zhang, H., Yu, T., Qu, J., … Yang, X. (2020). Effectiveness of convalescent plasma therapy in severe COVID-19 patients. Proceedings of the National Academy of Sciences, 117(17), 9490–9496. https://doi.org/10.1073/pnas.2004168117
-
Bloch, E. M., Shoham, S., Casadevall, A., Sachais, B. S., Shaz, B., Winters, J. L., van Buskirk, C., Grossman, B. J., Joyner, M., Henderson, J. P., Pekosz, A., Lau, B., Wesolowski, A., Katz, L., Shan, H., Auwaerter, P. G., Thomas, D., Sullivan, D. J., Paneth, N., … Tobian, A. A. R. (2020). Deployment of convalescent plasma for the prevention and treatment of COVID-19. Journal of Clinical Investigation. https://doi.org/10.1172/jci138745
I miei complimenti Dottor Mattia Biagi……. Competenza e chiarezza!!!!!! Grazie