Tra le parole più lette, dette ed ascoltate degli ultimi tempi ci sono queste due: terapia intensiva; ma siamo sicuri di sapere cos’è davvero? In questo articolo cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su come si presenta e cosa si fa in un reparto di terapia intensiva.
La Terapia Intensiva, o Rianimazione, è un reparto ospedaliero riservato a persone in condizioni di salute estremamente precarie, in cui una delle funzioni vitali (respirazione, circolazione del sangue, attività neurologica, ecc.) è attualmente insufficiente al mantenimento della vita. Nel momento del ricovero il personale medico-infermieristico di rianimazione provvede alle prime cure che consistono nel “sostegno delle funzioni vitali”; vengono controllati il battito cardiaco, la pressione arteriosa, la diuresi, l’ossigenazione del sangue, e vengono curati immediatamente i problemi più gravi. Alcune patologie che richiedono il ricovero in rianimazione sono:
- ARDS, acronimo di una grave condizione di salute nota come Sindrome da Distress Respiratorio Acuto
- Sepsi o Shock Settico
- Gravi traumi fisici, soprattutto cerebrali
- Insufficienza organica multipla, nota anche come sindrome da disfunzione multiorgano
Inoltre, la terapia intensiva è il luogo riservato alle persone in stato di coma, cioè quello stato di incoscienza conseguente a una grave condizione di salute, e alle persone in stato di coma farmacologico, ossia quello stato temporaneo di incoscienza indotto volontariamente dai medici, per salvaguardare la salute cerebrale del soggetto interessato.
In Italia ci sono poco all’incirca 5.300 posti di terapia intensiva e subintensiva, divisi tra gli ospedali pubblici (70%) e quelli privati (30%). Ciò vuol dire avere la disponibilità di 13.5 posti letto per 100mila abitanti, pari all’incirca il 3.3 per cento del totale dei posti letto utilizzati per i pazienti acuti. Per l’emergenza Covid19 i posti letto disponibili sono diventati 6100 e sono attualmente in aumento.
Da dove nasce l’idea della terapia intensiva?
Nel 1854, l’infermiera Florence Nightingale partì per la guerra di Crimea, dove veniva utilizzato il triage per stabilire la priorità di trattamento dei soldati feriti in base alla loro gravità. Le esperienze di guerra aiutarono la Nightingale a comprendere l’importanza delle condizioni sanitarie negli ospedali, una componente fondamentale delle moderne terapie intensive.
Nel 1950, l’anestesista Peter Safar stabilì il concetto di “Supporto Avanzato della Vita” per mantenere i pazienti sedati e ventilati in un ambiente di terapia intensiva. Safar è considerato il primo operatore di terapia intensiva in medicina. In risposta ad una epidemia di poliomielite (dove si rendeva necessaria la sorveglianza e la ventilazione costante per molti pazienti), Bjørn Ibsen Aage istituì il primo reparto di terapia intensiva a Copenaghen nel 1953.
La prima applicazione di questa idea negli Stati Uniti arrivò nel 1955 dal Dr. William Mosenthal, chirurgo presso il Dartmouth-Hitchcock Medical Center.
Nel 1960 venne riconosciuta l’importanza delle aritmie cardiache come fonte di morbilità e mortalità degli infarti del miocardio. Questo ha portato alla pratica di routine del monitoraggio cardiaco nell’unità di terapia intensiva, soprattutto in pazienti cardiopatici.
Come sono fatti i reparti di terapia intensiva?
I reparti di Terapia Intensiva sono generalmente spazi grandi e aperti; tale struttura deriva dalla necessità di sorvegliare e accudire contemporaneamente più pazienti, sia in condizioni di routine che di emergenza. Porte a vetro scorrevoli o altre soluzioni simili facilitano la gestione e velocizzano l’accesso al posto letto nelle situazioni di emergenza. La Terapia Intensiva è generalmente ubicata in prossimità del pronto soccorso e del blocco operatorio. È fornita di un ingresso di servizio per i parenti, mentre i pazienti ed il personale entrano dall’ingresso principale, attraverso il quale si accede anche ad altre strutture essenziali per la cura dei pazienti gravi, come il laboratorio, il centro trasfusionale o la radiologia d’urgenza.
Una peculiarità di questo reparto sono gli strumenti tecnologici che vengono utilizzati per la cura delle persone ricoverate. Per ogni unità letto troviamo: un respiratore automatico per la ventilazione meccanica, un monitor multiparametrico per il monitoraggio continuo delle funzioni vitali (es: frequenza cardiaca, pressione arteriosa ecc.), un defibrillatore manuale, pompe infusionali, sonde naso-gastriche, cateteri e un impianto d’aspirazione/drenaggio; questi macchinari necessitano di personale medico ed infermieristico altamente specializzato.
Le unità di terapia intensiva, infatti, possono avere diverse destinazioni a seconda delle patologie primarie che sono destinate a trattare:
- Nelle Terapie Intensive generali, il personale sanitario si prende cura di pazienti che soffrono di un’ampia varietà di patologie.
- Esistono però anche reparti di Terapia Intensiva che si occupano solo o prevalentemente di determinate malattie: si tratta delle Terapie Intensive specialistiche.
Le terapie intensive specialistiche
I tipi principali di Terapia Intensiva specialistica sono:
- La terapia intensiva neonatale. Si occupa di neonati prematuri o venuti al mondo con gravi patologie congenite, che non possono assolutamente lasciare l’ospedale e privarsi di adeguate cure mediche.
- La terapia intensiva pediatrica. Si occupa di pazienti in età pediatrica, che rischiano la vita per colpa di: una grave forma di asma, una severa influenza, una forma di chetoacidosi diabetica, un grave trauma cerebrale ecc.
- La terapia intensiva psichiatrica. Ha in cura, prevalentemente, pazienti con problematiche mentali, che tendono all’autolesionismo. In genere, è un reparto “sigillato”, da cui i ricoverati non hanno alcuna possibilità di fuga.
- La terapia intensiva coronarica. Si prende cura di soggetti con gravi difetti cardiaci congeniti o di soggetti colpiti da condizioni cardiache acute e pericolose per la vita, come per esempio l’arresto cardiaco.
- La terapia intensiva neurochirurgica. Si occupa di individui vittime di aneurismi cerebrali, tumori cerebrali e ictus, e di coloro che si sono stati sottoposti da poco a interventi chirurgici all’encefalo o al midollo spinale.
- La terapia intensiva traumatologica. Ha in cura le persone vittime di traumi che ne mettono a repentaglio la sopravvivenza. È una specialità della terapia intensiva presente solo in alcuni ospedali.
- La terapia intensiva post-anestetica. Si occupa di soggetti che si sono sottoposti da poco a interventi di chirurgia maggiore, per i quali era prevista l’anestesia generale. Molto spesso, il ricovero in terapia intensiva post-anestetica è riservato alle persone di cui si sospetta una possibile reazione avversa alle pratiche sedative e anestetiche.
- La terapia intensiva post-trapianto. Ha in cura coloro che hanno appena subìto un trapianto d’organo.
Chi troviamo all’interno della terapia intensiva?
Intensivisti
In Italia la formazione di specialisti in terapia intensiva è stata affidata alle Scuole di specializzazione in anestesia e rianimazione, e la gestione dei Centri di rianimazione e delle Unità di terapia intensiva è, nella gran parte dei casi, affidata agli anestesisti-rianimatori, in quanto: storicamente i primi rianimatori furono anestesisti, l’anestesista rianimatore è il medico che possiede la maggiore competenza ed esperienza nell’uso degli strumenti presenti in una terapia intensiva, alla cogestione del paziente, e un tal modo di lavorare favorisce la formazione di quelle doti di equilibrio, flessibilità e capacità di comunicazione necessarie per una corretta gestione di situazioni che richiedono competenze multidisciplinari; la conoscenza di tecniche di anestesia e analgesia costituisce parte integrante e irrinunciabile del bagaglio culturale di un intensivista.
Di fatto con il termine intensivista s’identifica un medico che si dedica a tempo pieno alla gestione del malato critico e, a questo scopo, viene preparato attraverso un iter formativo che lo rende idoneo a svolgere alcune specifiche funzioni: organizzazione delle Unità di terapia intensiva; preparazione dello staff infermieristico; attuazione delle procedure di monitoraggio atte al controllo continuo delle principali funzioni biologiche; uso corretto delle terapie rianimative, sia farmacologiche che strumentali.
Personale infermieristico specializzato
La figura dell’infermiere professionale all’interno del contesto intensivistico è di fondamentale importanza poiché coadiuva l’anestesista rianimatore nel prendersi cura dei pazienti in modo completo. L’infermiere professionale segue dei master e dei corsi di aggiornamento per poter utilizzare al meglio le risorse presenti nell’ambiente della terapia intensiva.
O.S.S. e collaboratori.
Quando posso entrare per visitare un mio caro?
Dipende, alcune rianimazioni permettono le visite per qualche ora al giorno rispettando alcune regole per evitare di aggravare la situazione del proprio familiare; altre non permettono l’ingresso di visitatore fino a che il paziente non si è ristabilito completamente (caso di infezione da SARS COV 2) e altre ancora permettono l’accesso in qualsiasi momento della giornata. Quest’ultima modalità di ingresso, chiamata rianimazione aperta, è in via di sperimentazione in Italia, alcuni studi suggeriscono che alcune restrizioni andrebbero ridotte perché frutto di abitudini prive di ogni fondamento scientifico. Le attuali conoscenze suggeriscono numerosi indubbi vantaggi derivati dall’apertura delle rianimazioni:
- Diminuzione dei livelli di ansia dei pazienti
- Riduzione del senso di isolamento e abbandono
- Miglioramento della comunicazione della comprensione dell’evoluzione clinica
- Diminuzione dello stress dei familiari.
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Andrea Genovese
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Bibliografia:
http://www.treccani.it/enciclopedia/terapia-intensiva-e-rianimazione_%28Enciclopedia-Italiana%29/
https://www.intensiva.it/index.php?lang=it
http://www.siaarti.it/default.aspx
https://www.agi.it/cronaca/news/2020-03-14/coronavirus-posti-terapia-intensiva-7530891/