1) Introduzione
Di questi tempi molto chiacchierata e discussa in merito alle possibili correlazioni con COVID-19. Cercheremo di inquadrare meglio gli aspetti generali della vasculite infantile meglio nota come malattia di Kawasaki.
2) Cos’è?
È una vasculite delle arterie di medio calibro e più specificamente delle arterie coronariche, spesso coinvolte in mancanza di un trattamento efficace. Si presenta solitamente in neonati e in bambini tra 1 e 8 anni. Diagnosticata per la prima volta da Tomisaku Kawasaki, a cui deve il nome è la seconda vasculite più frequente nel bambino dopo la porpora reumatoide. Se non individuata in tempo può provocare gravissime conseguenze come l’infarto del miocardio.
La principale difficoltà diagnostica consiste nella sintomatologia aspecifica molto simile ad altre patologie pediatriche. Statisticamente colpisce 14 bambini ogni centomila e la sua eziologia è sconosciuta.
3) Come si presenta?
La sua sintomatologia aspecifica consta di febbre alta per almeno 5 giorni, resistente al trattamento con antibiotici e antipiretici spesso associata ad una congiuntivite bilaterale. È frequente l’arrossamento della mucosa orale, ingrossamento dei linfonodi del collo dolenti alla palpazione e rush cutanei sul tronco, arti e nella zona addominale. Una sua presentazione atipica comprende il versamento pleurico. Si descrivono tre fasi principali della malattia.
- Fase acuta febbrile (7-14 giorni).
- Fase subacuta (2-4 settimane) caratterizzata da piastrinosi.
- Fase convalescenziale (3 mesi) con scomparsa di segni clinici rilevanti.
Le manifestazioni precoci della malattia possono comprendere una miocardite acuta con insufficienza cardiaca, endocardite e pericardite. Inoltre non è rara la formazione di aneurismi delle arterie cororariche. L’aneurisma se presente viene utilizzato come conferma diagnostica in seguito ad ecocardiografia.
Se l’aneurisma è molto grande, definito in clinica aneurisma gigante (con diametro superiore agli 8 mm) è molto concreto il rischio di tamponamento cardiaco o trombosi.
4) Difficoltà diagnostica
La principale difficoltà diagnostica del morbo di Kawasaki è proprio l’assenza di sintomi specifici che consentono di individuarla subito. Solitamente l’utilizzo della diagnosi differenziale permette il suo riconoscimento.
Inoltre la tendenza della sintomatologia a regredire dopo la fase subacuta risulta essere molto ingannevole. Le maggiori complicazioni sono dovute proprio ad un infiammazione cardiaca o delle arterie coronarie che si manifestano solitamente subito dopo la fase acuta febbrile.
Paradossalmente la presenza di un aneurisma facilita molto lo screening diagnostico, non esistono infatti degli esami specifici in grado di individuare questa patologia.
5) Trattamento
Un trattamento rapido della malattia è di primaria importanza per scongiurare complicanze cardiache che seppur statisticamente basse rappresentano comunque un rischio. Con l’adeguata terapia e il giusto tempismo nel riconoscerla la vasculite di Kawaski ha una mortalità dell’1%.
Il trattamento consiste nella somministrazione di immunoglobuline endovena (IVIG) e di aspirina.
L’aspirina viene somministrata in due fasi: la prima fase con finalità antinfiammatoria (4 somministrazioni giornaliere) e nella seconda fase come antiaggregante, modificandone il dosaggio.
In pazienti con elevato rischio cardiaco in condizione molto critiche vengono trattati con cortisone.
In pazienti che non hanno sviluppato complicazioni di carattere coronarico la prognosi per una guarigione completa è eccellente. Nei pazienti con piccoli aneurismi la prognosi è la completa guarigione e 2/3 degli aneurismi scompare in modo autonomo dopo 1 anno. Più complicato è invece l’aneurisma gigante che necessità di un follow up e di un trattamento più intensivo.
6) Morbo di Kawasaki e SARS-CoV-2
In un primo momento medici e scienziati hanno evidenziato la blanda aggressività di COVID-19 nei bambini. Questa categoria sembra infatti molto spesso asintomatica e priva di una carica virale forte ed incisiva. Pochissimi sono stati i casi di polmonite interstiziale da SARS-CoV-2 nei bambini. Tuttavia un significativo aumento dei casi di KD (Kawasaki disease) ha allarmato i medici Inglesi che hanno subito avvertito la comunità scientifica della Pediatric Intensive Care Society.
Anche in Italia sono state registrate delle anomalie statistiche. In un mese il numero dei casi ha eguagliato quelli visti nei tre anni precedenti. Sicuramente questi numeri sollevano preoccupazioni ed incertezze legate alla scarsa conoscenza di questo virus. Ogni giorno infatti le scoperte sono diverse e seppur oggi non esistono evidenze scientifiche tra COVID-19 e KD bisognerà approfondire la vicenda.
Esiste però uno studio risalente al 2005 effettuato nei Paesi Bassi sulla possibile correlazione tra i coronavirus e la malattia di Kawasaki. Il virus preso in considerazione è l’HCoV-NH. Dati statistici hanno evidenziato che su 11 soggetti con problemi respiratori 10 hanno sviluppato la malattia di Kawasaki e 8 erano positivi ad HCoV-NH. La questione è pero ancora incerta, si è sempre ipotizzato che l’eziologia di KD potesse essere di origine virale, ma i molteplici studi mondiali sono sempre stati carenti di omogeneità per potere asserire con scientifica certezza un nesso tra i Coronavirus e KD.
Federico Ricerca
Era ora che qualcuno facesse chiarezza sulla vicenda!