La pandemia di SARS-CoV-2 sta debellando i sistemi sanitari mondiali mietendo vittime e palesando quelle che sono le lacune globali nella gestione e nel contenimento di un’emergenza sanitaria. Se infatti il virus ha colpito diversi Stati con tempistiche differenti, ogni Stato infetto ha dovuto combattere contestualmente su due fronti; il primo, il virus, difficile da contenere e da sgominare. Il secondo, la mancanza di un protocollo univoco da seguire.
L’irriverente avanzata del virus ha infatti goduto di due benefici, un’elevata trasmissibilità e l’assenza di precedenti epidemiologici che hanno complicato e ritardato le misure di contenimento degli stati interessati.
Globalmente le contromisure prese, sono state infatti discordanti e in contrasto tra loro, consentendo così al virus una continua avanzata. Dopo lo scoppio dei focolai cinesi e l’arrivo nel vecchio continente, ogni stato membro interessato si è comportato seguendo le proprie direttive interne e non facendo vertice ad un protocollo UE utile alla comune lotta contro l’epidemia. Il virus si è infatti spostato con la stessa facilità con cui si varcano oggi i confini europei, con conseguente infezione di tutti i principali Stati.
Le direttive degli stati interessati sono state palesemente discordanti, se da un lato l’Italia ha quasi immediatamente blindato il proprio territorio dichiarando l’Emergenza Sanitaria, così non è stato per la Gran Bretagna, che anzi in un primo momento ha adoperato misure diametralmente opposte.
Ma l’evidente mancanza di coordinamento non finisce qui. Anzi, è facilmente attribuire proprio alla metodologia statistica e sanitaria con cui ogni paese U.E. ha conteggiato i propri infetti. Se l’Italia, coscienziosamente, in un primo momento ha reso disponibile il tampone anche a chi avvertiva lievi sintomi e ove ci fosse il dubbio di un possibile contatto con un focolaio, diversamente hanno fatto gli altri Stati U.E, che invece hanno effettuato molti meno tamponi. Questo da un lato, ha messo in cattiva luce l’Italia e gli italiani, additati come untori ma contemporaneamente dava campo libero al virus di diffondersi oltre il bel paese. I governi e alcuni esperti hanno infatti troppo sottovalutato il problema COVID-19 e tutti coloro i quali intuirono la gravità del contagio vennero additati come mitomani. Solo l’evidente crescita esponenziale ha recentemente preoccupato seriamente i governi, costringendoli a prendere come esempio le misure adottate dall’Italia.
Analizzando meglio il contagio italiano, la compromessa situazione sanitaria, e le previsioni statistiche è evidente la marcata preoccupazione. In molti hanno infatti notato l’allarmante discrepanza numerica e qualitativa della sanità nelle diverse regioni. COVID-19 ci sta infatti insegnando che aver “regionalizzato” la sanità, seppur abbia permesso la sopravvivenza di piccole realtà ospedaliere ha creato un grande gap sanitario; da una parte una sanità di seria A, e dall’altra una sanità di serie B.
Lo scenario coronavirus sarebbe stato decisamente diverso se la regione colpita non fosse stata la Lombardia, ma ad esempio poniamo il caso, la Sicilia, dove i posti in terapia intensiva sono decisamente inferiori cosi come gli operatori sanitari. Lo scenario nell’Isola sarebbe potuto essere davvero apocalittico. Questo dovrebbe farci riflettere, come già sostenuto dal Dr. Pulvirenti (infettivologo del U.O. di malattie infettive dell’ospedale di Enna) noto ai molti per le vicende sull’Ebola, sulla possibilità di centralizzare la sanità, uniformando cosi omogeneamente le risorse a disposizione.
Ma la sanità italiana non è l’unica ad essere stata messa in ginocchio, infatti anche Regno Unito, Germania e Francia si trovano a dover affrontare un’emergenza di grossa portata. Anche dove apparentemente la sanità sembra essere ad alti livelli è evidente un generale stress del sistema che rischia appunto di crollare.
David Parenzo, su LA7 ha già mosso numerose critiche contro l’ECDC e l’OMS sul perché non vi fosse un reale piano di emergenza e di contenimento per un evento di questo tipo. L’Europa doveva infatti essere pronta a fronteggiare una simile emergenza, tramite un protocollo univoco volto a garantire tutti i cittadini membri.
Infatti seppur in tempi recenti non ci siano precedenti epidemiologici paragonabili all’attuale situazione, doveva essere prevedibile che il possibile diffondersi di un virus molto contagioso sarebbe stato sicuramente facilitato dalla globalizzazione di cui tutti facciamo parte.
Federico Ricerca
https://ec.europa.eu/health/preparedness_response/crisis_management_it
https://www.corriere.it/esteri/20_marzo_16/coronavirus-boris-johnson-fa-retromarcia-sull-immunita-gregge-gran-bretagna-semi-quarantena-misure-speciali-londra-bdf0ebee-67aa-11ea-93a4-da8ab3a8afb1.shtmlhttps://www.youtube.com/watch?v=IgIIz9la52s
Un’analisi tristemente obiettiva della situazione attuale nella quale il nostro paese si trova insieme all’intera Europa.
Articolo interessante.