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Aprile 14, 2020

Quale pandemia? Quando tutto sarà finito

Era l’11 marzo 2020 quando l’OMS emette la dichiarazione di Pandemia riferendosi al “nuovo coronavirus” SARS-COV-2, agente patogeno responsabile della malattia COVID-19. In Italia, invece, risale a fine di gennaio, la proclamazione di Stato di Emergenza e da allora le nuove generazioni hanno imparato a familiarizzare con parole raramente usate nel gergo comune o che difficilmente avremmo pronunciato o letto se non su manuali specialistici o libri nei quali fa capolino qualche cenno di epidemiologia. Epidemia, Pandemia, indici e tassi di mortalità, letalità e altri termini più o meno tecnici sono solo alcuni esempi, citati spesso in modo improprio o peggio decontestualizzati, usati senza essere messi a confronto con altri dati.

E allora facciamo ordine nel marasma, procedendo con ordine, chiedendoci:

“Cos’è una pandemia?”

COVID-19, dicevamo, è stata definita pandemia l’11 marzo, dopo aver preso atto, della estrema velocità di contagio di un Virus prima sconosciuto, appartenente alla Famiglia dei Coronavirus e, passando al dato numerico, dei 125.000 nuovi casi accertati in 118 paesi. A queste caratteristiche principali, l’OMS aggiunge la preoccupazione che destavano molti paesi, rei di non stare adottando misure politiche adeguate a controllare l’infezione.

Quindi, nell’identificazione di Pandemia compare un fattore definente: il “cosa è”, un fattore numerico: “quanti nuovi casi” e, nello specifico di Covid-19, ha giocato un ruolo decisivo l’attitudine e la sottovalutazione del rischio da parte dell’intera comunità politica mondiale.

La vera domanda da porci è tuttavia: come si arriva a questa definizione?

Si distingue, infatti, “endemia” da “epidemia” e “pandemia“.

Endemia (dal greco ἔνδημον, “en demos”: dentro il popolo) è una malattia costantemente frequente in un territorio. In parole povere, l’endemia è presente sempre o spesso nella popolazione residente o in una circoscritta area geografica, con un numero di casi oscillante (più o meno alto), ma comunque costante! Per essere ancora più precisi, il numero di eventi o casi positivi che si ripetono o registrano non è variabile nel tempo. Non a caso, è un fenomeno periodico, ripetitivo. La Malaria, ad esempio, è endemica in alcuni paesi tropicali.

Si parla di Epidemia (anche questa volta il greco ci aiuta: ἐπί “epì”: sopra e δήμος “demos”: popolo) quando, la malattia, sempre in una determinata area geografica o in un determinato periodo di tempo, colpisce la popolazione in modo maggiore,” più di quanto ci si aspetti” e con un alto numero di casi. Cosa possiamo dedurne? L’epidemia fa riferimento piuttosto alla diffusione della malattia e non tanto al numero o alla gravità dei casi. In spicci, se ne interessa 100 e si passa a 200 in un periodo circoscritto, si parla di epidemia. Epidemica, ad esempio, è l’obesità.

Pandemia (dal greco, πανδήμιος: di tutto il popolo) è sostanzialmente una epidemia con tendenza a diffondersi rapidamente, quindi si riferisce alle sole malattie ad alto contagio, come detto poco fa, che colpiscono e diffondono rapidamente in territori vasti e continenti.

Quando tutto sarà finito? Già, ma quando, sarà tutto finito?

Gioco di parole a parte, se facciamo attenzione, ultimamente non pronunciamo frase prima di aver detto “Quando questa storia sarà finita, ecc. “. Spesso lo diciamo come se stessimo aspettando un preciso giorno (magari a fine delle misure di contenimento) in cui questo virus sparirà; ed è questo che auspichiamo, ma la storia della medicina ci insegna che non è poi così scontato. Capiamo il perché, ripercorrendo brevemente alcune tappe passate, cercando di cogliere aspetti simili e differenze con la pandemia da Covid-19.

L’ultima volta che l’OMS ha dichiarato Pandemia è stato nel 2009 per un’epidemia causata dal Virus Influenzale A, l’H1N1, conosciuto come “Influenza Suina”. Ci sono prove scientifiche che le grandi pandemie sono causate dai virus appartenenti al tipo A, per la loro capacità di mutare e riassortirsi geneticamente. Nella storia della medicina moderna, 3 sono state le pandemie che dalla Prima guerra mondiale hanno lasciato un segno drammatico: La Spagnola, L’asiatica e la Cinese, meglio conosciuta come la Hong Kong, rispettivamente nel 1918, 1957 e 1968.

LA SPAGNOLA – H1N1

Causata dal Virus dell’influenza A, H1N1 con geni di origine aviaria, la Spagnola colpì un terzo della popolazione mondiale, si parla dai 50 ai 100 milioni di decessi. Deve il suo nome proprio alla Spagna che, rimasta neutrale nella Grande Guerra, poteva far circolare le informazioni relative alla pandemia liberamente e senza essere soggetta a censure, a differenza degli altri paesi coinvolti nella lotta che cercavano di nascondere i dati.

È doveroso a questo punto chiarire alcune sigle e il loro significato:

I Virus influenzali di tipo A possono essere suddivisi in sottotipi sulla base di due antigeni presenti sulla superficie del virus: la emoaglutinina (H) e la neuraminidasi (N). In natura si ritrovano un numero limitato di questi antigeni di superficie; sono stati infatti individuati 15 diversi tipi di emoaglutinine sulla base delle quali si definiscono 15/16 sottotipi di influenza A, identificati da H1 a H16. Inoltre, esistono 9 forme diverse di neuraminidasi, identificati con le sigle da N1 a N9 e che possono essere presenti in diverse combinazioni nei diversi sottotipi di virus. Alcuni sottotipi sono certamente adatti alla specie umana, ma il serbatoio naturale di tutti i sottotipi noti di influenza A è quello degli uccelli acquatici e soprattutto selvatici. Ad ogni modo, le epidemie da virus influenzali sono regolarmente presenti ad ogni stagione invernale, perché i virus per modificazioni strutturali e accumuli di mutazioni genetiche (definite nel gergo puntiformi) danno vita a ceppi o stipiti: gruppi di virus che, differendo tra loro per porzioni molto piccole di genoma, eludono il sistema di anticorpi già presente nella popolazione che, di conseguenza, si trova impreparato e scoperto in questa battaglia.(deriva antigenica).

I virus influenzali A oltre al fenomeno appena citato possono dare origine a ceppi totalmente nuovi perché hanno modificato il loro assetto antigenico completamente, tanto da presentare sottotipi di emoaglutinina e neuroaminidasi diversi dal virus precedentemente in circolazione. Ciò è frutto del riassortimento genomico tra un virus influenzale A umano e in virus influenzale A animale. Nella rara occasione in cui questi due vengono a trovarsi a co-infettare la stessa cellula all’interno del corpo del suino e nel caso in cui questo nuovo virus riesca a ri-entrare nella specie umana, il nuovo virus ha la potenzialità di dare vita a una pandemia, ammesso che abbia un ulteriore caratteristica ovvero la trasmissibilità e il contagio interumano!

Il virus del 1918 non era frutto di un processo di riassortimento a partire da ceppi già circolanti, come successe poi nel 1957 e nel 1968. Era un virus simile a quelli dell’influenza aviaria, originatosi da un ospite rimasto sconosciuto.

In quel frangente l’umanità conosceva un virus del tutto nuovo, fatto che hanno confermato gli studi condotti alla fine degli anni ’90, grazie ai quali abbiamo isolato e sequenziato l’RNA virale, concludendo che quello in questione era con molta probabilità il virus “primario” da cui poi si sono originati i 4 ceppi umani e suini A H1N1 e quello del virus A/H2N2, quest’ultimo oggi dichiarato estinto. Da quel momento drammatico, i virus simili all’A/H1N1 continuarono a circolare in modo endemico o epidemico negli uomini e nei maiali, causando le classiche epidemie stagionali per intenderci, ma senza avere la stessa patogenicità del virus del 1918.

Tuttavia, c’è da sottolineare che le aree in cui furono adottate misure di distanziamento sociale ed economicamente restrittive, la Spagnola ebbe effetti meno devastanti e sicuramente più contenuti, come ha recentemente confermato il premio Nobel per l’economia nel 2008, Paul Krugman.

 

L’ASIATICA – H2N2

Le epidemie stagionali si susseguirono fino agli anni ’50 e il ricordo della spagnola sembrava ormai lontano, quando si fece strada il nuovo ceppo pandemico A/H2N2 che diede luogo all’Asiatica del 1957 fino al 1968, anno in cui fu sostituito da un Virus H3N2, che è in circolazione ancora oggi insieme ad un virus H1N1 comparso nel 1977 (ed è il primo caso, per gli studi fatti fino ad ora, in cui la comparsa del “nuovo” virus ovvero l’H1N1 esiste assieme al, non sostituendo il virus prima circolante). Il sottotipo del virus dell’Asiatica, fu identificato solo più tardi nel tempo come un virus A/H2N2 avente quindi diversi caratteri immunochimici che differivano marcatamente dagli altri ceppi conosciuti, probabilmente derivato dal riassortimento genomico tra un virus umano e uno aviario (come per la Hong Kong)

A differenza della Spagnola che colpì le fasce giovani (dai 20 ai 40 anni) in questa pandemia, le morti si verificarono soprattutto nelle persone affette da malattie croniche e meno colpiti furono i soggetti sani.

L’asiatica perdurò per 11 anni, quando il suo virus scomparve del tutto, soppiantato dal sottotipo A/H3N2 Hong Kong.

 

L’INFLUENZA DI HONG KONG – H3N2

L’iniziale epidemia partì anche in questo caso dall’Asia. Le epidemie in questione furono saltuarie, sparse e di limitate dimensioni fino alla fine del 1968. Diffusosi con un modello simile all’asiatica, il virus fu poi introdotto nella costa occidentale degli USA con elevati tassi di mortalità, contrariamente all’esperienza dell’Europa dove l’epidemia, nel 1968–1969, non si associò ad elevati tassi. In Italia l’eccesso di mortalità attribuibile a polmonite ed influenza associato con questa pandemia fu stimato di circa 20.000 decessi.

Poiché il virus Hong Kong differiva dal suo antecedente dell’Asiatica del 1957 per l’antigene emagglutinina, ma aveva lo stesso antigene neuraminidasi N2, si pensò che l’impatto variabile nelle diverse regioni fosse imputabile a differenze nell’immunità acquisita nei confronti dell’antigene neuraminidasi.

 

LA PANDEMIA INFLUENZALE – INFLUENZA SUINA – A(H1N1)pdm09

Si tratta di una infezione virale acuta dell’apparato respiratorio con sintomi simili a quelli classici dell’influenza. Test di laboratorio hanno indicato che l’epidemia è stata scatenata da un nuovo sottotipo, fra i numerosi esistenti, del virus A/H1N1 mai rilevato prima, né nei maiali né nell’uomo, frutto probabilmente di una combinazione del virus influenzale aviario, suino e umano. Sulla base delle procedure stabilite dal Regolamento sanitario internazionale, il 25 aprile 2009 il Direttore generale dell’Oms Margaret Chan ha dichiarato questo evento una “emergenza di sanità pubblica di interesse internazionale”.

Originata inizialmente in Messico ed estensa in breve tempo a più di 80 Paesi causando tra i 100.000 e i 400.000 morti nel solo primo anno, fa riflettere ed è interessante notare che l ‘Oms, come per Covid-19, ne dichiara lo stato di pandemia l’11 giugno 2009, non tanto per la gravità della malattia, considerata di modesta gravità, ma per la difficoltà di contenere il virus, essendo questo facilmente trasmissibile.

Ha colpito principalmente adulti sani e meno gli estremi di una ipotetica curva costituita da bambini e anziani. A fronte di questo è facile pensare che queste fasce di età sottoposte più di altre ai vaccini fossero maggiormente protette e immunizzate. Così come stiamo vivendo sulla nostra pelle, anche in questo caso nei paesi maggiormente colpiti, USA, Messico e Canada, eventi ed esercizi pubblici in generale furono chiusi, così come le scuole con conseguenze che dalla sfera sanitaria hanno impattato inevitabilmente quella economica.

Ad oggi, sappiamo bene che il virus, successivamente denominato A(H1N1)pdm09 per distinguerlo dai precedenti, circola come influenza stagionale.

 

LE MALATTIE DA CORONAVIRUS: SARS, MERS, COVID-19

Veniamo ai giorni nostri con le infezioni da Coronavirus(CoV), un’ampia Famiglia di virus respiratori che possono causare malattie da lievi a moderate, dal comune raffreddore a sindromi respiratorie. Concludiamo il nostro excursus con la malattia Covid-19, causata dall’agente patogeno SARS COV2, non senza aver accennato alle precedenti direttamente imparentate: SARS e MERS causate rispettivamente da SARS-COV e Mers-CoV.

SARS Severe Acute Respiratory Syndrome

Il SARS-CoV è in realtà il terzo Coronavirus identificato nell’uomo, come agente eziologico della “Severe Acute Respiratory Syndrome” (Grave Sindrome Respiratoria Acuta), la prima del XXI secolo in realtà. I primi casi di SARS si verificarono alla fine del 2002, in Cina, nella provincia del Guandong, dove presentava caratteri epidemici ad alta diffusione; nella nuova era globalizzata, la malattia, veicolata dai viaggiatori infetti, è riuscita ad espandersi nel sud est asiatico e in Canada, tanto da guadagnarsi l’appellativo di epidemia mondiale registrando 8098 casi di cui 774 decessi in un anno, con un tasso di mortalità del 10%.

Anche in questo caso, all’origine dell’infezione sembra esserci un animale considerato una prelibatezza, il gatto Zibetto, maneggiato nei mercati cinesi a scopo alimentare, venuto a contatto con i pipistrelli prima di essere catturato e quindi venduto. Questo non deve stupire perché nella comunità scientifica è noto che i pipistrelli sono ospiti eccellenti per numerosissimi virus e tra questi i Coronavirus. Anche dall’analisi del genoma virale, Il SARS-CoV risulta essere la ricombinazione tra un coronavirus aviario e un coronavirus mammifero, capace in ultimo di infettare la specie umana. Dal 2004 non si sono più registrati casi associati a SARS e nonostante il numero relativamente limitato di casi infetti e delle zone colpite per essere classificato pandemia, risultò particolarmente pericoloso perché “nuovo” e sconosciuta era la sua potenzialità pandemica.

Di fatto, ha allarmato le autorità sanitarie di tutto il mondo per più motivi. Ne citiamo alcuni:

  • L’assenza di un vaccino o di terapia specifica ed efficace, tanto da costringe l’uso di misure di controllo che ci riportano indietro, ai tempi della microbiologia empirica: isolamento e quarantena
  • Il virus proviene, inoltre, da una famiglia nota per essere soggetta a frequenti mutazioni, e questo poneva già importanti domande circa la futura evoluzione della malattia e le prospettive dello sviluppo di un vaccino. I sintomi iniziali sono comuni e non specifici (si parla infatti di polmonite atipica, che interessa i tessuti interstiziali, senza impegno degli alveoli, la vera unità funzionale per gli scambi respiratori)
  • Tutti i test diagnostici sviluppati fino ad ora hanno importanti limiti. Se i test sono eseguiti scorrettamente o i risultati non attendibili i pazienti sfuggono alla rete di controllo e possono infettare altri.
  • La malattia colpisce lo staff ospedaliero: la risorsa vitale per controllare la malattia.
  • Una significativa proporzione di pazienti richiede cure intensive, un peso notevole per il sistema sanitario.
  • Si accumulano prove che alcuni casi sono stati particolarmente contagiosi e ciò ha contribuito al rapido diffondersi dell’epidemia.
  • La durata dell’incubazione che può raggiungere i 10 giorni consente la diffusione, con i viaggi aerei, tra due qualsiasi città nel mondo.

La malattia, grazie al distanziamento sociale e alle misure di contenimento è stata dichiarata estinta nel 2003.

MERS Middle East respiratory syndrome

Il virus MERS-CoV appartiene al sottogenere Betacoronavirus, così come il SARS- CoV ed è la causa della Middle East respiratory syndrome, registrata in Arabia Saudita nel 2012 e diffusasi in 25paesi vicini e in Medio Oriente, dove è tutt’ora endemica.

L’ipotesi più verosimile, ancora in fase di studio, è che i dromedari rappresentino un serbatoio del virus e la possibile fonte di infezione umana. Tuttavia, sebbene sia considerato probabile che la trasmissione zoonotica sia il punto di partenza della maggior parte dei cluster osservati, la via di trasmissione più frequentemente documentata è stata quella interumana e circoscritta negli ambienti ospedalieri.

L’ epidemia del coronavirus ‘mediorientale’ ha fatto 2494 casi con 858 morti, con un tasso di letalità del 34,4%.

COVID 19 COronaVIrus Disease 19

Partita dapprima come epidemia, Covid-19 è la prima Pandemia nella storia dei Coronavirus e se vogliamo la prima con trend di crescita dei contagi così allarmanti. Confrontando uno dei dati numerici appare chiaro che questa malattia con il suo tasso di mortalità che si aggira intorno al 2% è meno grave rispetto a MERS E SARS.

La responsabilità allora è da rintracciare non tanto sul decorso e sull’exitus della malattia, ma nella sua contagiosità; è questa caratteristica e capacità del virus a trasmettersi per vie naturali da un ospite all’altro, che deve destare preoccupazione e su cui occorre insistere.

Molte delle malattie che l’umanità e la storia della medicina hanno conosciuto si sono rivelate molto più gravi ed è con diplomatico e ponderato senso critico che possiamo affermare che, proprio questa alta letalità ha determinato in buona parte una minore diffusione della malattia stessa e su cui gli organi delle autorità sanitarie discutono nel definire una malattia come pandemica; nel darle un nome proprio per intenderci, nonché nel discriminarla rispetto a qualsiasi altra manifestazione epidemica seppure grave e, alla fine del giro di boa, emetterne la Dichiarazione di Pandemia. Un’ esempio? Ebola, conosciuta per i suoi cluster esclusivamente epidemici, si manifesta con una febbre emorragica talmente fulminante da lasciare poco scampo, che giustifica il suo tasso di mortalità del 50% (a fronte, sempre, del tasso di SARS CoV 2 pari a circa il 2%).

 

Cosa ci aspettiamo da quest’ultima pandemia?

 

Alla considerazione appena fatta vanno certamente aggiunti altri fattoti come la diffusione della malattia e la recettività dell’ospite; se la prima è influenzata da svariate condizioni come quelle climatiche e igieniche (su cui, la Spagnola del primo dopoguerra in parte ha strisciato), la seconda dipende da quanto l’ospite è più o meno suscettibile, aspetto su cui molto influisce una precedente immunizzazione; fatto questo che si è verificato se ricordiamo bene nella Hong Kong del 1968.

Più che dei numeri forniti abbondantemente ogni giorno e senza venire meno alla loro valenza è l’analisi dei Fatti a livello macroscopico e l’andamento epidemiologico delle malattie nel corso della storia che vogliamo trattare in questo luogo, perché che ci piaccia o meno, che sia frutto della nostra memoria o meno, le epidemie così come le pandemie hanno da sempre accompagnato le epoche e l’evoluzione dell’uomo. Molte di queste non ci sono più, ma molte altre sono nascoste sotto i riflettori tanto che alcune costituiscono le cosiddette “Crisi dimenticate” di Medici Senza Frontiere. Pensiamo ad Ebola come esempio recente. Bene, solo l’altro ieri, agli inizi del marzo scorso, l’ultimo paziente affetto è stato dimesso dal centro di cure specializzato nella Repubblica Democratica del Congo.  La più grande epidemia da Ebolavirus (EBD) ha colpito l’Africa Occidentale tra il 2014 e il 2016 descritta ad oggi con oltre 28.600 casi in Africa occidentale, anche in Italia, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti. In particolare, una delle 6 specie di EBD, ovvero la specie “Zaire” è causa dell’epidemia in corso da maggio 2018 nella Repubblica democratica del Congo, un caso talmente preoccupante che il Direttore generale dell’Oms ne ha dichiarato (il 17 luglio 2019) Emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale.

 

Quando si dichiara una malattia debellata?

 

Tecnicamente devono trascorrere circa 42 giorni dall’ultimo caso di contagio. Non devono essere registrati nuovi casi in un periodo corrispondente al doppio del tempo massimo di incubazione di una malattia, il che corrisponde a circa 2 cicli di incubazione (ciascuno fatto di 21 giorni). In più, non si devono avere alcune notizie di nuovi casi da due settimane circa. Per Ebola i giorni corrispondono a 52.

Capiamo bene che per Ebola eravamo ad un passo dalla dichiarazione di malattia debellata, ma è di ieri la notizia di una seconda persona morta di Ebola da febbraio nel Congo, dove una terza è ricoverata in gravi condizioni.

 

Cosa stiamo aspettando realmente?

 

Appare evidente quindi che, in un modo o in un altro. la storia si ripete e sappiamo certamente che le pandemie tendono a ripetersi ciclicamente secondo ondate. Una tantum. l’epidemia del 1918 si è ripresentata in 4 ondate con valori di mortalità via via più bassi. Ecco che, banalmente, la storia ha dato la risposta che probabilmente la maggior parte ha dato per scontata; non siamo sicuramente di fronte a un count-down. Abbiamo imparato a capire che non arriverà un giorno X nel quale “tutto sarà finito”; con tutta probabilità ci libereremo della “notizia” e della pressione mediatica che, nel bene e nel male, ha dato sfondo ad una, la nostra, quotidianità così profondamente cambiata. Non deve essere un segreto che, seppure, silenziosamente, ci sarà chi contro questo virus continuerà a combattere a mano a mano che le libertà sociali saranno sciolte e le abitudini torneranno ad essere nostre anzi personali.

Ha senso quindi diffidare di chi parla di fine del virus e piuttosto focalizzarsi sulla Cessata Emergenza, che in Italia si è tradotta in carenza di strutture, personale e unità di degenza, determinando la crisi senza precedenti. La neo premio Nobel per l’economia, Esther Duflo si è espressa chiaramente sul bisogno di una società che funzioni correttamente sulla base della salute: non possiamo fare economia, oggi, non possiamo risparmiare a scapito della società perché la sanità sarà assolutamente fondamentale nel futuro.

A conti fatti fin qui, è questo che stiamo aspettando e nel frattempo non resta che concentrare le forze e i nostri sforzi sulle misure contenitive, con Prudenza, Pazienza e Pensiero critico, unici in grado di scongiurare e controllare le paure.

La Storia si ripete quindi e assieme alla lettura scientifica e razionale della realtà ci fornisce gli strumenti per fronteggiare gli eventi senza esserne sopraffatti.

La storia si ripete abbiamo detto e da essa possiamo… dobbiamo imparare!

Fonti bibliografiche

Per approfondire:

(Dati aggiornati ad Aprile 2020)

 

 

Storia della Medicina
About antonia.degennaro89@gmail.com
"La Sapienza" University of Rome - Faculty of Medicine and Dentistry Volunteer, Rescuer & Instructor Italian Red Cross Active with Scientific divulgation and lectures, Researching. Passionated about oil painting, sports, pastries and health education.

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