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Aprile 8, 2020

Nanotecnologia e medicina, le possibili applicazioni.

1) Introduzione

Le tecnologie in micro e nanoscala rappresentano un’area di ricerca robotica ad oggi in rapida crescita. Le numerose capacità di queste innovative macchine sono di notevole interesse biomedico per le loro versatili applicazioni. Il futuro successo di questa branca, la nanorobotica medica, che coinvolge diverse aree di studio come la medicina, l’ingegneria, la fisica e la robotica potrebbe davvero rivoluzionare il trattamento, la diagnosi e la prevenzione della medicina tradizionale.

Il primo importante passo verso questa nuova frontiera della medicina è sicuramente riuscire nel processo di locomotion, riuscendo cosi a superare i due principali ostacoli nel movimento di una nano-macchina, ovvero il movimento con un basso numero di Reynolds e le dinamiche del moto browniano.

Un altro ostacolo da superare è la ricerca bioispirata di fonti di alimentazioni diverse dalle consuete utilizzate su grande scala. In linea teorica, queste minuscole macchine dovrebbero esse alimentate chimicamente da motori che convertono i carburanti forniti localmente in forza e movimento o motori alimentati esternamente che utilizzano principalmente energie magnetiche ed ultrasoniche (e talvolta energie ottiche, termiche ed elettriche). Di fondamentale importanza è la verifica approfondita della biocompatibilità nei meccanismi di controllo remoto, e lo sviluppo di una via motoria efficiente in linea con la fisiologia umana e la fisica medica ad essa legata.

2) Utilizzo dei micromotori nella consegna mirata

Come già citato, uno dei possibili utilizzi delle nanocarrier in campo medico è la funzione di consegna mirata di farmaci altamente specifici. I micromotori sfrutterebbero infatti la circolazione sistemica per giungere con relativa facilità alla zona interessata e rilasciando poi il carico. Una consegna precisa e mirata darebbe beneficio sia in termini quantitativi, potendo infatti depositare nel sito d’interesse terapeutico circa il 99% del principio attivo farmacologico, sia qualitativi, limitando notevolmente l’esposizione farmacologica solo alla zona d’interesse riducendo cosi possibili effetti indesiderati/collaterali di farmaci altamente tossici.

La ricerca in questa direzione procederà verso la programmazione di un linguaggio binario input/output di rilascio/adattamento. Sfruttando i fluidi biologici tra cui i succhi gastrici e l’acqua come motore e una volta raggiunta la zona di rilascio, tramite diversi segnali di input wireless-biologici o esterni (campo magnetico esterno, ultrasuoni) si procederà con la somministrazione. Un esempio di nanorobot funzionante già parzialmente studiato sui topi è un micromotore enterico. Questi motori a base di zinco e rivestiti da uno strato di polimero artificiale enterico, usando come propulsore gli acidi del tratto gastrointestinale sarebbero in grado di giungere a destinazione con un elevata precisione. Regolando lo spessore dello strato polimerico sensibile al pH, sarebbe possibile attivare selettivamente il rilascio del bio-carico nelle regioni desiderate del tratto gastrointestinale. Terminato il processo i nanorobot si degradano autonomamente (output) in sostanze non tossiche per l’organismo.

3) Utilizzo dei micromotori in microchirurgia

Per quanto riguarda l’utilizzo dei nanomotori applicati alla chirurgia, diversi studi ne hanno compreso le potenzialità. Se infatti la ormai nota chirurgia robotica (ad esempio il Da Vinci) permette ai chirurghi operazioni e movimenti di altissima precisione, l’introduzione delle nanotecnologie nella chirurgia sarebbero davvero rivoluzionarie. Dotando infatti i sistemi robotici in microscala di utensili, come ad esempio nano-perforatori e micro-pinze, la chirurgia mini-invasiva potrebbe essere ulteriormente raffinata, consentendo di intervenire addirittura a livello cellulare.

Il perfezionamento di micro-pinze sensibili a stimoli biologici, quali enzimi, pH e temperatura aprirebbe le porte anche ad una più fine elaborazione di procedure diagnostiche. Nella biopsia ad esempio, l’utilizzo di queste tecniche consentirebbe un prelievo più accurato e preciso di materiale biologico, oltre che ad una procedura sicuramente meno invasiva.

4) Spermbot, cosa sono ?

Una delle principali cause di infertilità maschile è senza ombra di dubbio l’astenospermia, un’anomalia caratterizzata dalla ridotta o addirittura assente motilità degli spermatozoi. Diversi fattori come infiammazioni, traumi o disturbi del sistema endocrino (anomalie dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, ipogonadismo) possono influenzare la spermatogenesi alterando i processi di maturazione degli spermatozoi. Altri fattori che agiscono sulla mobilità degli spermatozoi sono l’abuso di alcool, tabacco e sostanze stupefacenti.

L’astenospermia può dipendere anche dell’età avanzata, in quanto la mobilità spermatica tende a diminuire a partire dai 45 anni.

La ricerca medica sfrutta però le più avanzate tecnologie conosciute dall’uomo per migliorare e risolvere patologie che ancora oggi ignorano soluzioni definitive.

Per l’astenospermia, sono stati condotti diversi studi di nanomedicina e nanomeccanica e un gruppo di ricercatori avrebbe messo a punto un complesso sistema nano-biologico in grado di applicare un’elica intorno alla coda degli spermatozoi dotati di scarsa motilità, così da guidarli verso la cellula uovo grazie al supporto di un campo magnetico.

Lo studio dei ricercatori dell’ IFW di Dresda è stato condotto grazie a precedenti studi sulla micromeccanica. I test condotti in laboratorio hanno dimostrato che sarebbe possibile agganciare lo spermatozoo tramite un campo magnetico e spingerlo verso la cellula uovo da fecondare.

Le principali indagini scientifiche sui micromotori si pone come obbiettivo la ricerca di una biocompatibilità nei meccanismi di controllo remoto, lo sviluppo di una via motoria efficiente in un regime con un basso numero di Reynolds e le dinamiche legate ai processi di carico/scarico.

5) Correlazione tra Spermbot e fecondazione

L’applicazione di micromotori su spermatozoi pigri ha lanciato le prime visioni nella possibile creazione di un vero e proprio “Spermbot”, capace di mobilitare cellule spermatiche a bassa mobilità, aprendo cosi un interessante filone nel campo della fertilità assistita.

Più tecnicamente le fasi di capture and release dello spermatozoo sono mediate dall’attivazione di un microtubo controllato esternamente da un campo magnetico. Il biorobot spermatico è fisiologicamente conforme ed in grado di muoversi in ambienti intra- ed extracellulari. Il meccanismo di cattura è invece unicamente meccanico con improbabili rischi di endocitosi e fagocitosi di nanoparticelle che garantisce cosi la sua composizione biochimica e le sue dinamiche di legame.

Lo sviluppo di nuove tecnologie sulla base degli Spermbot aprirebbe una nuova visione nell’utilizzo dell’inseminazione artificiale (in vivo) che ad oggi vede percentuali di successo molto basse, e anche nella FIVET (Fecondazione in vitro con trasferimento dell’embrione). La luminare intuizione alla base degli spermbot per l’istituzione di tecnologie di riproduzione assistita alternativa è che la rimozione dell’ovocita dal corpo e la fecondazione in vitro possono essere bypassate guidando le cellule spermatiche selezionate direttamente nell’ovocita e rimanendo all’interno dell’organismo, senza quindi trasposizioni di carattere laboratoristico.

L’applicazione di queste tecnologie porterebbe a dei guadagni qualitativi importanti; bypassando lo spostamento degli spermatozoi, che nelle tecniche in vitro sono sottoposti a manipolazioni e lavaggi (fino ad un totale di 20 spostamenti) si eviterebbe uno “stress” biologico che spesso ne compromette la qualità. Permettere un’inseminazione in vivo (con probabile alto tasso di successo nelle giuste condizioni fisiologiche) nel naturale ambiente microbiotico durante la fecondazione avrebbe, oltre al vantaggio di un incremento qualitativo notevole, anche la possibilità di studio sul percorso degli spermatozoi per comprendere ancora meglio il loro percorso e i possibili ostacoli in cui in condizioni fisiologiche sono sottoposti.

6) Rimozione del micromotore

Seppur confermata da diversi studi, l’elevata biocompatiblità tra le componenti motrici flagellari e l’ambiente cellulare, rimane ancora da definire se nella fase terminale di rilascio sia più funzionale un espianto del micromotore o un suo possibile riassorbimento. Il primo interrogativo da porsi è se queste nanoparticelle potrebbero essere dannose per l’organismo. La risposta ancora oggi è incerta, poiché le quantità sono millesimali e la biocompatibilità scongiurerebbe complicazioni di carattere tossico. Tuttavia sarebbe meglio una rimozione definitiva anche per prevenire un possibile spostamento del micromotore (durante una RM ad esempio).

Di contro, il totale riassorbimento faciliterebbe la procedura. Gli attuali studi mirano infatti ad una possibile biotrasformazione delle nanoparticelle nel tessuto dell’ospite. Piccole quantità di materiale magnetico (costituto da composti ferrosi-biocompatibili) potrebbero essere assimilate facilmente dal metabolismo del ferro, permettendo cosi alle nanomembrane di ossido di ferro di essere riassorbite dall’organismo senza danni.

7) Nella terapia contro il cancro

Dopo aver  approfondito le funzioni di rilascio farmacologico dei micromotori, è utile puntualizzare  l’utilizzo di quest’ultimi nelle terapie antitumorali. Ad oggi il meccanismo di somministrazione di agenti antitumorali si basa prettamente sulla circolazione di fluidi nel corpo. L’utilizzo di plasmidi, siRNA (short interfering RNA) e complesse proteine mostrano un eccellente attività biologica in queste terapie; tuttavia ad influenzare negativamente l’efficacia del farmaco sono le complesse dinamiche di penetrazione tissutale e cellulare, sicuramente migliorabili con l’upgrade di  intelligenti “veicoli” biologici.

In passato si è infatti provato a veicolare i farmaci tramite entità biologiche quali vettori virali e complessi liposomiali. Il transfer farmacologico tramite questo tipo di complessi è infatti molto macchinoso e imprevedibile. Il principale problema del “drug delivery” tramite intermezzi biochimici e biologici è infatti la fallace consegna, non sempre precisa e spesso pericolosa. Il mancato “aggancio” del giusto loco di consegna avrebbe degli effetti collaterali disastrosi sopratutto in termini di interferenze RNAsiche.

L’utilizzo di vettori “intelligenti” e quindi manovrabili con accuratezza sarebbero l’ideale per ridurre fortemente il rischio di mancata/errata consegna farmacologica o di ingranaggi biologici.

Ma l’utilizzo delle nanotecnologie in oncologia non finisce qui. Esiste una correlazione tra l’efficacia della terapia e la diagnosi tumorale, che dipende fortemente dallo stadio in cui viene rilevata. L’urgenza di avere uno screening tumorale precoce è infatti essenziale per l’efficacia terapeutica. Le tecnologie diagnostiche oggi in uso non permettono di individuare tumori solidi con un diametro inferiore ad 1 cm, ma a quel punto la maggior parte dei tumori ha già formato metastasi, rendendo molto più difficile il suo trattamento. L’utilizzo di nanotecnologie sulla diagnosi tumorali permetterebbe di individuarli ad uno stadio ove le percentuali di successo delle terapie sono molto più ottimistiche. Si sta infatti studiando la possibilità di utilizzare i micromotori come marker biologici in grado di essere efficaci al fine di migliorare le compartimentazioni di diagnosi e screening oltre a quelle già discusse sul drug delivery.

Federico Ricerca

Fonti bibliografiche

https://pubs.acs.org/doi/10.1021/acs.nanolett.5b04221

https://www.nationalgeographic.com/magazine/2016/10/explore-spermbot-infertility-treatment/

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC6759331/

https://link.springer.com/article/10.1007/s40820-019-0350-5

https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1517/17425247.2014.924502

https://onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/adma.201302544

Tecnologia e medicina
About Federico Ricerca
Studente di medicina. Appassionato di chirurgia, biologia e divulgazione scientifica.

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