Nelle ultime settimane l’incremento delle infezioni da Coronavirus ha molto preoccupato la comunità scientifica e la pubblica opinione; COVID19, malattia virale di SARS-CoV-2 è sintomatologicamente molto simile ad un’aggressiva influenza. Non tutti però elaborano e manifestano la malattia allo stesso modo; in soggetti sani, senza patologie pregresse questa si palesa con una sintomatologia influenzale o addirittura spesso assente (soggetti asintomatici) che rende la diagnosi molto difficile e complessa. Tuttavia, in pazienti molto anziani con patologie croniche, come immunodeficienze, diabete, malattie respiratorie e malattie oncologiche, COVID-19 può innescare una serie di complicanze di carattere clinico difficili da trattare. La gravità dell’infezione è infatti quasi sempre associata ad un coinvolgimento delle basse vie aeree tramite un polmonite interstiziale acuta (AIP).
Nei soggetti che manifestano COVID-19 senza un eccessivo sovraccarico del sistema respiratorio la terapia oggi in uso è risolutiva. È infatti di primaria necessità curare la sintomatologia, non essendo ancora stata trovata una vera terapia per COVID19, tramite ventilazione meccanica (per prevenire un possibile lockdown polmonare), somministrazione di cortisone, e un cocktail sperimentale di farmaci antivirali e antimalarici.
Tra i farmaci antivirali utilizzati è di interesse mondiale il Ramdesivir, un antivirale che appartiene alle classe degli analoghi nucleotidici, precedentemente utilizzato per il trattamento di Ebola. Il farmaco che ha superato con margine i test di laboratorio sembrerebbe essere un potente antivirale contro una vasta gamma di virus a RNA. Ramdesivir è stato classificato come un analogo dell’adenosina, che si inserisce in catene di RNA virale e provoca l’interruzione prematura del processo di replicazione.
Tra gli antimalarici invece, risulta molto efficace Clorochina, un farmaco pensato contro la malaria ma che si è rivelato di notevole aiuto nelle terapie di COVID-19. Clorochina, utilizzata recentemente come farmaco antivirale ad ampio spettro è in grado di bloccare l’infezione del virus aumentando il pH endosomiale (necessario per la fusione del virus con le cellule) nonché di interferire con la glicosilazione dei recettori cellulari di SARS-CoV-2.
Studi in vitro hanno invece dimostrato che i farmaci ACE-Inibitori sembrerebbero di aiuto nel computo terapeutico totale dei pazienti; infatti secondo uno studio pubblicato sulla rivista Nature Reviews Cardiology il virus «sfrutterebbe» l’enzima ACE2 (che favorisce l’aumento della pressione sanguigna) per penetrare nelle cellule dei tessuto cardiaco (miociti) e polmonare (pneumociti). Risulta quindi evidente che la funzione “vettoriale” di ACE2 utilizzata dal virus va quindi limitata. Infatti più vettori ACE2 vengono sfruttati dal virus più è alto il rischio di compromettere il sistema respiratorio. L’utilizzo di ACE-inibitori andrebbe quindi a disattivare i recettori ACE2 rendendo difficile al virus provocare severe crisi respiratorie. L’AIFA ha però chiarito che in merito all’ipotesi di utilizzare farmaci ACE-inibitori e sartani anche in persone sane a fini profilattici, è opportuno ricordare che tali farmaci vanno utilizzati esclusivamente per il trattamento delle patologie per le quali vi sia un’indicazione approvata e descritta nel Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto e Foglio Illustrativo.
Nei pazienti con una conclamata AIP, il primo passo terapeutico sarebbe la ventilazione meccanica e l’intubazione volta proprio a preservare la funzionalità polmonare. Nelle polmoniti interstiziali acute da COVID-19, la cui prognosi sarebbe fatale nel 60% dei casi, la somministrazione aggressiva di corticosteroidi non sarebbe sufficiente.
Per questa categoria di pazienti tuttavia, si è rivelato fortemente efficace l’utilizzo di un farmaco solitamente usato nel trattamento dell’artrite reumatoide (AR) e dell’artrite idiopatica giovanile sistemica; il tocilizumab, un anticorpo monoclonale umanizzato.
Il tocilizumab è un farmaco immunosoppressore attivo contro il recettore dell’interleuchina-6 (IL-6R). L’interleuchina-6 (IL-6) è una citochina che gioca un ruolo importante nella risposta immunitaria ed è implicata nella patogenesi generale di molte malattie.
Sarebbe proprio l’Interleuchina-6 ad essere coinvolta nelle polmoniti acute interstiziali, essendo il principale vettore dell’infiammazione polmonare prodotta da Coronavirus. L’azione farmacologica di tocilzumab sarebbe proprio quella di neutralizzare IL-6 disattivandone la funzionalità infiammatoria. Il farmaco, sebbene non sia stato sintetizzato per essere efficace su COVID19, andrebbe però a beneficiare sui suoi effetti in quanto già dopo 24-48 ore dalla sua somministrazione migliorerebbero le condizioni respiratorie del paziente e il suo quadro clinico generale.
La terapia per i malati di COVID-19 avrebbe quindi intrapreso una positiva svolta, in attesa ovviamente di un efficace vaccino.
Federico Ricerca
https://www.epicentro.iss.it/coronavirus/trasmissione-prevenzione-trattamento
https://www.ohga.it/polmonite-interstiziale-acuta-cause-sintomi-e-aspettative-di-vita/#le-cause
Articolo molto interessante! Vedremo nei prossimi giorni quale di queste alternative terapeutiche sarà vincente….
Tramite i mass media avevo appreso l’introduzione del tocilizumab ma ero ignara della somministrazione degli Ace inibitori.