Protagonista indiscusso del 2020 è Sars cov 2, virus appartenente alla famiglia dei Coronaviridae genere Betacoronaviridae. Il settimo Coronavirus scoperto in grado di infettare l’essere umano.
Il suo genoma è costituito da molecola di RNA, molto simile al Sars cov 1 in una percentuale variabile dal 75% all’80%. Il virione è molto simile agli altri virus appartenente alla medesima famiglia. In particolare ritroviamo quattro proteine strutturali: S (spike), E (inviluppo), M (membrana) e N (nucleocapside).
La proteina N interagisce con il genoma mentre le proteine S, E e M modellano l’envelope che si configura come una corona dalla quale prende il nome la famiglia. La proteina spike è quella che permette al virus di agganciarsi alla membrana della cellula ospite.
Da alcuni esperimenti di modelizzazione si evince che questa abbia una notevole affinità con i recettori dell”enzima 2 di conversione dell’ angiotensina (ACE2) delle cellule umane che vengono utilizzati come “porta” di entrata nella cellula.
La trasmissione avviene per via aerogena e ha un tempo di incubazione di circa 15 giorni.
I pazienti contagiati lamentano una sintomatologia molto affine con quella influenzale: febbre, tosse secca, stanchezza.
Nei casi più gravi si manifesta un interessamento dell’apparato respiratorio in cui si evidenzia una compromissione dell’interstizio, tipica delle infezioni virali, nello specifico la massiccia risposta immunitaria induce come nelle forme autoimmuni a favorire durante il processo flogistico la deposizione di materiale cicatriziale, microembolia e trombosi vasale.
Il meccanismo di trombosi si evidenzia a livello sistemico implementando del 50% lo svilupppo di trombosi venose che portano il paziente infetto all’exitus.
Secondo i ricercatori italiani dell’università di Milano, questo meccanismo potrebbe interessare una proteina tirosino-chinasi con proprietà anti-angiogeniche, prodotta quasi esclusivamente dalle cellule endoteliali. I valori di quest’ultima e di PIGF (fattore di crescita umano placentare ) aumentano di ben 5 volte durante il ricovero dei pazienti.
La conseguenza più importante affermano gli esperti riguarda proprio la chiave utilizzata dal virus per penetrare nella cellula ospite, ovvero ACE2.
Nello specifico il virus che penetra nella cellula ospite va a sopprimere ACE2 ed è proprio quest’ultimo a far incrementare i livelli della tirosin-chinasi sFlt1.
Ciò suggerisce che il virus nei pazienti affetti da trombosi venosa vada ad interessare unicamente le cellule endoteliali, pertanto è raccomandato fin da subito ad uso preventivo l’utilizzo di anticoagulanti quali eparina e di altri farmaci quali aspirina e sartani in grado di bloccare l’aumento di sFlt1.
L’interessamento a livello sistemico dell’endotelio e la sua pregressa disfunzione sono dei fattori da non sottovalutare in quanto rendono molto più critico il quadro clinico moderato-grave del paziente infetto.
Diabete, obesità, malattie cardiovascolari, malattie epatiche croniche, Alzheimer, l’età avanzata hanno definito una popolazione più fragile e maggiormente suscettibile al virus in quanto tutte presentano come minimo comune denominatore: la disfunzione endoteliale, potendo spiegare anche l’elevata mortalità nella popolazione anziana.
Recentemente confermata è che la sindrome respiratoria si associ molto spesso a un interessamento del miocardio. Le cardiomiopatie si presume siano dovute a ciò che gli immunologi definiscono come tempesta citochinica. Il rilascio abnorme di citochine in virtù del processo infiammatorio che l’organismo attua per difendersi dal virione. Tra le varie citochine elevate a livello sierico si osserva un picco di TNF-A.
Oltre alle cardiomiopatie si osserva anche un possibile danno al miocardio. Si è osservato che a livello ematico vengono rilevati i medesimi marker di danno cardiaco che sono presenti quando il tessuto cardiaco è danneggiato o necrotico.
Recenti articoli pubblicati su JAMA Cardiology, come quello dell’Università del Texas, hanno inoltre rilevato miocarditi, vasculiti, aritmie, insufficienza cardiaca e altre condizioni all’apparato cardiocircolatorio in pazienti affetti da COVID-19, anche in chi aveva un cuore perfettamente sano prima di restare contagiato.
Fortemente colpiti sembrano essere anche i reni, in particolar modo i tubuli del nefrone deputati alla filtrazione tanto che i pazienti più gravi sembrano essere affetti da insufficienza renale potenzialmente fatale. In un terzo dei pazienti deceduti in cui si è effettuato l’esame autoptico si è evinto un interessamento conseguente all’incremento della microcoagulazione.
Meno evidente sembra il possibile interessamento del fegato nonostante possano essere presenti alterazioni della birilubina e delle aminotransferasi.
Dibattuto è l’interessamento del sistema nervoso centrale. Le prime ipotesi sono state rilevate da uno studio retrospettivo pubblicato su “The Lancet Neurology” a cura di autori cinesi che avevano raccolto dati in cui i pazienti con diagnosi confermata di infezione da SARS-CoV-2, ricoverati in 3 ospedali di Wuhan, epicentro del focolaio iniziale. Su 214 pazienti arruolati nello studio, 78 (36,4%) presentava sintomi/segni neurologici.
Le condizioni cliniche venivano raggruppate in 3 categorie:
- Compromissione del sistema nervoso centrale: cefalea, vertigini, perdita dello stato di coscienza.
- Segni e sintomi della perdita del sistema nervoso periferico : nevralgia, ageusia.
- Danno muscolare e scheletrico,spesso associato a compromissione epatica e renale.
Non è ancora chiaro il meccanismo alla base del possibile interessamento, tuttavia si ipotizza che analogamente ai virus responsabili della MERS esso sia caratterizzato da neurotropismo.
Si pensa che la diffusione sia di tipo ematico o attraverso le fibre dei nervi periferici o in alternativa che l’ingresso del virus nelle cellule neuronali sarebbe mediata dal legame che esso realizza con il Recettore per angiotensin-converting enzyme (ACE) 2.
L’anosmia tipica dell’interessamento nervoso potrebbe suggerire proprio un eventuale via intranasale attraverso il nervo olfattivo, dirigendosi a livello del talamo e dei centri cardiorespiratori bulbari.
L’ interessamento a livello del troncoencefalo potrebbe spiegare il peggioramento respiratorio acuto che induce all’exitus del paziente.
Da dimostrare se SARS-CoV2 è responsabile di un’aggressione diretta dell’encefalo, attraversando la barriera ematoencefalica, o se i quadri siano di tipo post-infettivo e pertanto legati al processo infiammatorio.
Nonostante il percorso sia ancora lungo per il vaccino e diverse siano le sperimentazioni, sempre più evidente ormai è l’interessamento a carattere sistemico del virus.
Valentina Trombetta
Bibliografia
https://www.upmcitaly.it/covid19/coronavirus-manifestazioni-neurologiche/