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Aprile 11, 2020

Coronavirus: facciamo il punto della situazione

Cosa ci dicono i dati?

I dati forniti dalla Protezione Civile negli ultimi giorni fanno ben sperare, infatti i numeri raccolti fin ora indicano un progressivo calo dei contagi e degli accessi alle terapie intensive, questi ultimi in particolare. Anche se in modo poco costante e con modelli statistici altalenanti la curva sembra, dopo aver raggiunto il suo plateau qualche settimana fa,  finalmente in fase di discesa. I numeri però prendono valore solo ed esclusivamente se considerati in un arco temporale significativo, di fatti i modelli considerati  non sono sempre costanti se basati su statistiche giornaliere.

Le misure di lockdown attuate dal governo Conte sembrano produrre i tanto attesi effetti positivi sull’epidemia di Sars-Cov-2 in Italia. Sebbene questi dati siano sicuramente incoraggianti, non bisogna farsi illusioni o imprudenti e ragionare bene sulla successiva fase di graduale e controllata riapertura delle attività lavorative e personali.

Si sta discutendo molto su come attuare  questa “Fase 2” che permetterebbe ad alcune categorie di aziende e lavoratori di tornare operativi rispettando però le misure di prevenzione e di igiene al fine di limitare il rischio di contagio.

Bisogna però puntualizzare che seppur positivi, i dati della Protezione Civile non sono del tutto reali. Anzitutto va considerato che le cifre divulgate giornalmente sono sempre leggermente in ritardo rispetto al reale andamento dell’epidemia. Oltre questo, anche l’attesa di molti esiti dei tamponi diluisce ancor di più la veridicità giornaliera dei dati.

Al di fuori dei limiti statistici e matematici, che seppur con un minimo margine d’errore sono pur sempre affidabili il discorso è ben più profondo: il numero dei contagi registrato si discosta ampiamente dal numero dei contagi reali. Tra questi ultimi sono infatti considerati tutti i contagiati attivi, i positivi registrati, i positivi ancora in attesa dell’esito del tampone, gli asintomatici e i sintomatici lievi a cui non è ancora stato effettuato il tampone.

Diversi studi hanno stimato i contagi reali in Italia intorno ai 5 milioni, una cifra enorme a confronto con i contagiati verificati. Ciò che preoccupa di più è che seppur il numero reale sia ben diverso da quello ufficiale controbilanciare le misure di contenimento e prevenzione esclusivamente sui dati noti, significherebbe attuare provvedimenti in logico contrasto con la reale situazione.

Sulla questione asintomatici

Molti giornali e media hanno discusso a lungo sulla questione relativa agli asintomatici. Per definizione , in medicina e più concretamente in virologia l’asintomatico è un soggetto che ha contratto l’infezione ma che non manifesta i sintomi della malattia. L’asintomatico è quindi contagioso? La risposta a questa domanda appare abbastanza articolata. L’asintomatico essendo positivo può trasmettere la malattia, solitamente però questi sviluppa l’infezione con una carica virale più bassa rispetto ai soggetti sintomatici. La carica (che dipende da diversi fattori, primi su tutti le condizioni di salute e l’età del soggetto) influisce marcatamente sulla contagiosità del soggetto infetto. Questo avviene per due ragioni: in primis un organismo con carica virale relativamente bassa possiede un R0 (coefficiente di contagio) statisticamente più basso rispetto agli standard; secondo, l’asintomatico risulta essere meno contagioso (ma comunque in grado di trasmettere l’infezione) per l’assenza dei sintomi. In questo tipo di virus (simil-influenza) la sintomatologia, quale tosse,  starnuto, o in generale produzione di espettorati rappresenta essa stesso un vettore d’infezione. L’assenza di sintomatologia attenua quindi l’R0 e riduce la probabilità che un soggetto infetto contagi altri individui.

Un’occhiata in Cina

La Cina, più precisamente Wuhan e la regione dell’Hubei, primo focolaio della pandemia ha finalmente ritirato le misure di lockdown che duravano da ben 76 giorni. Sicuramente un’ottima notizia che necessita però alcune precisazioni. Distinguendo sempre la realtà delle cose dalla possibilità con cui possono essere “misurate”, studiate e controllate non risulta così assurdo affermare che probabilmente la Cina era già in emergenza (silente) già prima del famoso 23 Gennaio, data in cui blindò Wuhan.

La possibilità che l’infezione in Cina sia partita molto prima non è cosi bizzarra. Vediamo perché.

Il giorno 21 Gennaio in Cina continentale i casi conclamati erano già 75.000, un dato altissimo se consideriamo che le prime contromisure ufficiali prese dalla sono avvenute solo due giorni dopo. L’incremento di cosi tanti casi può essere in qualche modo ammorbidito da due universali evidenze scientifiche:

  1. La sintomatologia: la manifestazione clinica dei sintomi tipici di Covid-19 era spesso confusa con il comune stato influenzale (in ragionevole accordo con il periodo dell’anno) o comunque nei casi più gravi con una polmonite la cui terapia standard risultava però inefficace.
  2. Il Sars-CoV-2 è un virus relativamente nuovo e mai individuato prima di questa pandemia, (precedentemente chiamato N-Cov-2019 [Novel Coronovairus]) e per l’appunto non aveva neanche un nome ufficiale. La poca conoscenza scientifica di questo virus ha sicuramente permesso allo stesso un’esponenziale crescita prima di una vera e propria presa di coscienza da parte delle autorità scientifiche e governative cinesi.

È pur vero però che, come ci insegna la storia, i regimi totalitari sono restii ad ammettere e riconoscere i propri errori e sopratutto a riconoscere un’emergenza di questo genere molto dannosa da un punto di vista sanitario ed economico. Nonostante infatti qualcuno a Wuhan avesse intuito ciò che stava accadendo, veniva additato come allarmista e le sue tesi accusate di poca evidenza scientifica

Considerare, quindi, di prendere l’esempio cinese come modello per le misure di contenimento dell’emergenza potrebbe risultare poco concreto, sia perché  le tempistiche ufficiali non corrispondono a quelle reali e perché le misure di quarantena e confinamento cinese sono state molto più severe delle nostre. Non era infatti permesso di uscire per nessun motivo, neanche per fare la spesa, che nelle ultime e più pesanti fasi dell’epidemia, veniva consegnata a domicilio. Va inoltre aggiunto che il popolo cinese era scoraggiato ad uscire poiché non erano previste sanzioni economiche, ma i trasgressori sarebbero stati puniti con la pena di morte. Tutti questi elementi hanno reso i protocolli cinesi sicuramente molto efficaci e accompagnati dalle tendenze sociali e giuridiche molto diverse dalle nostre, hanno permesso alla Cina di uscire dallo stato di emergenza in meno di 80 giorni.

Cosa succederà in Italia?

In Italia alla scadenza dell’ultimo decreto, probabilmente seguirà una fase 2. Questa dovrebbe consistere nella graduale riapertura e ripartenza di alcune attività. Bisogna però essere cauti e molto lungimiranti. Nei prossimi giorni le previsioni ci diranno se effettivamente il trend di discesa sia cosi significativo da poter attuare questa fase di graduale ripartenza.

La chiave di Volta da inserire per far ripartire efficacemente l’Italia è la prudenza. Molti lavoratori e cittadini si stanno lamentando della prolungata quarantena, alcuni personaggi politici hanno già espresso la propria, sostenendo la necessità di rimettere in moto l’economia italiana. A tal proposito bisogna considerare che quest’epidemia, come un domino, persiste se le tessere stanno vicine le une alle altre: bisogna infatti essere cauti sia in termini di distanziamento, sia nel comprendere che una ricaduta dovuta ad una frettolosa ritrattazione dei decreti porterebbe ad un tracollo sequenziale e totale. Allegoricamente, potremmo immaginare un domino con tessere via via più grandi. Le più piccole, sarebbero i cittadini, le medie le imprese e le aziende e le più grandi i massimi sistemi (ad esempio il Sistema Sanitario Nazionale, il sistema economico). Nel momento in cui le tessere in casa siano isolate le une dalle altre, in caso di caduta, non ci sarebbe effetto domino. Nel caso in cui tra una settimana o un mese si tornasse alla normalità senza le dovute precauzioni e le tessere fossero posizionate a stretto contatto, basterebbe un tessera X che ammalandosi trascinerebbe con se tutte le altre tessere via via più grandi, portando nuovamente al collasso l’intera nazione.

Questo quindi spiega come un semplice cittadino (la tessera X) ammalandosi provocherebbe un danno “collaterale”, sia ai suoi simili, quindi alle tessere di egual grandezza sia ad una tessera più grande, che potrebbe comportare ad esempio un’ulteriore saturazione delle terapie intensive.

Concludendo è evidente la necessità di snellire e diluire la distribuzione delle tessere su più livelli, prevenendo cosi il tracollo di più sistemi contemporaneamente. Questo può verificarsi solo accettando una graduale riapertura delle attività e poi successivamente delle libertà personali.

Nel pratico, cosa si potrebbe fare?

Forti delle esperienze estere e di quelle storiche (l’influenza spagnola durò 2 anni, 1918-1920) bisognerà scremare un lento ritorno alla normalità ed imparare a convivere per qualche tempo col virus.

Nel momento in cui le aziende sanitarie torneranno a respirare , sarebbe opportuno ricucire anzitutto le ferite dell’economia italiana, promuovendo una graduale riapertura di alcune fabbriche ed aziende rispettando le misure precauzionali volte a garantire l’intero sistema. Se collateralmente si azzereranno (o quasi) il numero di contagi e la curva continuerà a scendere, il lavoro svolto da cittadini e governo risulterà efficace. Una volta raggiunto il “lowest point” della curva di coraggio, ovvero il minimo storico di nuovi contagiati ripetuto per un determinato arco temporale, gradualmente e solo dopo un periodo cuscinetto di assestamento dei dati statistici si potrà pensare ad uno scorrevole ripristino delle libertà personali.

Federico Ricerca

Fonti bibliografiche

https://www.corriere.it/esteri/20_aprile_07/coronavirus-cina-dichiara-zero-morti-wuhan-riparte-6ad6c32e-78ae-11ea-ab65-4f14b5300fbb.shtml?refresh_ce-cp

https://www.tgcom24.mediaset.it/cronaca/coronavirus-galli-programmare-fase-2-solo-quando-avremo-i-test_17068944-202002a.shtml

https://www.ilsole24ore.com/art/verso-fase-2-tutte-limiti-e-cautele-evitare-nuovi-contagi-ADdVq9I

https://www.bing.com/covid?form=COVD07&vert=graph

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About Federico Ricerca
Studente di medicina. Appassionato di chirurgia, biologia e divulgazione scientifica.

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