L’analisi dei tamponi provenienti da pazienti potenzialmente affetti da Covid-19 o contatti di persone affette, è una analisi molto delicata che comprende step ben precisi che necessitano di essere svolti nella totale sicurezza per gli operatori e garantire l’integrità dei tamponi stessi, per questo motivo l’analisi molecolare viene effettuata solo nei laboratori di riferimento regionali e presso i principali ospedali individuati ed autorizzati dalle Regioni. Al contrario dell’analisi sierologica, in cui si usa una provetta di sangue, l’analisi molecolare parte dal tampone naso-oro-faringeo combinato, che è un campione che contiene potenzialmente virus vivo e ancora in replicazione nelle cellule epiteliali della mucosa, per questo motivo è molto più pericoloso da maneggiare rispetto ad una provetta di sangue, che contiene solo anticorpi (la viremia non è stata ancora provata, e anche qualora ci fosse virus vivo nel sangue sarebbe comunque in carica molto bassa).
Servono dunque delle regole ben precise per evitare che dal momento il cui il campione viene prelevato dal paziente, a quando viene imbustato, spedito al laboratorio e processato per l’analisi, non vi sia nessuna contaminazione da e verso l’esterno. Per questo motivo è presente un triplo imballaggio. Esso è formato da un imballo esterno, uno intermedio ed uno interno a tenuta stagna, in modo da impedire la fuoriuscita del contenuto anche in caso di incidente durante il trasporto. Il tampone viene quindi imbustato e inserito in una scatola che verrà aperta solo nel momento in cui avrà raggiunto il laboratorio di destinazione e sarà stato posto sotto cappa a flusso laminare.
Dal materiale biologico viene effettuata l’estrazione e la purificazione dell’RNA per la successiva ricerca dell’RNA virale utilizzando una metodica molecolare rapida: Reverse Real-Time PCR (rRT-PCR).
Una precisazione: L’intero processo analitico è chiamato rapido perché rispetto ad una normale tecnica molecolare impiega meno tempo, ma comunque i tempi analitici differiscono da laboratorio a laboratorio, in base ai macchinari di estrazione di cui si è dotati e alla capacità di processamento intesa come numero di tamponi analizzabili a seduta. Con un estrattore di ultima generazione (che procede anche all’allestimento della piastra di PCR in maniera automatizzata) i tempi si aggirano intorno a 3-4 ore circa per la prima fase (estrazione, purificazione, allestimento piastra amplificazione) più 1h, 30min circa per l’amplificazione. Ovviamente se uno di questi procedimenti non è automatizzato ma va fatto a mano i tempi si allungano notevolmente, o al contrario se si hanno a disposizione test e macchinari di ultima generazione ci sono test che impiegano al di sotto di 1 ora, oppure i test POCT molecolari, che danno risultati entro i 15 minuti.
1° fase : Estrazione dell’RNA dal campione
L’estrazione dell’RNA virale nella maggior parte dei laboratori è effettuata tramite un macchinario automatizzato, che generalmente si serve di un sistema di estrazione tramite biglie magnetiche. Queste particelle magnetiche agiscono come fase solida attorno alla quale si lega l’acido nucleico, e questo permette di evitare la fase di centrifugazione o filtrazione. Successivamente c’è la fase di lisi tramite un apposito buffer che causa appunto la lisi della parete cellulare, e la fuoriuscita del materiale genetico all’esterno della cellula. Successivamente si ha la digestione con la proteinasi K, e si fa avvenire il legame tra le molecole di RNA e le biglie magnetiche. Una piastra magnetica attira le biglie a cui è legato l’RNA mantenendole sul fondo del tubo, in modo da poter aspirare agevolmente il sovranatante contenente i contaminanti da buttare. Successivamente, le biglie vengono sottoposte a vari lavaggi rapidi per eliminare ulteriori contaminanti e sali. Infine, L’RNA viene eluito dalle biglie utilizzando opportuni buffers, e viene risospeso per essere utilizzato.
Se siamo in presenza di un macchinario”all in one system“, nella stessa macchina avverrà la preparazione della piastra che ci servirà per la reazione di rRT-PCR.
2° fase: Amplificazione tramite rRT-PCR
La rRT-PCR mediante il processo di retrotrascrizione permette la sintesi di una molecola di DNA a doppio filamento (cDNA) a partire da uno stampo di RNA a cui segue una amplificazione dei risultati di PCR.
I reagenti fondamentali presenti all’interno del kit per eseguire il test rRT-PCR sono:
- I primer oligonucleotidici che sono delle sequenze nucleotidiche che sono state disegnate su regioni conservate del genoma virale SARS-CoV-2
- Le sonde fluorescenti che sono anche esse molto specifiche, ed emettono fluorescenza solo se si sono legate alla regione bersaglio
- Enzimi e coenzimi
Grazie a questi cicli di trascrizione e amplificazione sarà possibile dare una valutazione qualitativa (c’è o non c’è) e anche quantitativa(quanto genoma del SARS-Cov-2 è presente) grazie alla rilevazione e alla conseguente quantificazione di un “reporter” fluorescente il cui segnale cresce in maniera proporzionale alla quantità di prodotto di PCR nella reazione.
Questo è possibile perché la sonda fluorescente si appaia nella zona compresa fra i due primer (forward e reverse) e tale sonda contiene una porzione chiamata Reporter che è un colorante fluorescente, all’estremità 5, ed un Quencer cioè un colorante inibitore della fluorescenza, all’estremità 3′. In condizioni di normale appaiamento sonda-DNA stampo, l’energia fluorescente emessa dal colorante ad alta energia in 5′ viene assorbita totalmente dal quencher a bassa energia quindi nessun segnale fluorescente viene rilevato dalla macchina.
Nel momento in cui la DNA-polimerasi, replicando lo stampo, incontra la sonda e la rompe l’allontanamento tra il reporter ed il quencher pone fine all’attività di assorbimento di quest’ultimo e fa in modo che il reporter inizi ad emettere fluorescenza.
La fluorescenza è una misura quantitativa della sequenza e indirettamente della carica virale, perchè incrementerà a ogni ciclo proporzionalmente al tasso di degradazione della sonda.
Come si interpretano i risultati?
Quello descritto prima è il concetto tecnico alla base di qualsiasi Rt-PCR, ma ovviamente per facilitare l’interpretazione dei dati e velocizzare il procedimento di analisi dei risultati i kit commerciali hanno implementato software di interpretazione molto intuitivi e veloci. I pallini rossi (FIGURA 1) sono i positivi, cioè i campioni in cui è stato rilevato almeno 1 dei 3 geni che vengono analizzati nello specifico da questo kit cioè COVID-19 gene N, COVID-19 gene RdRP, Sarbecovirus gene E, mentre i pallini blu sono i campioni risultati negativi, cioè nella quale nessun gene targhet è stato rilevato. Nella colonna numero 3 abbiamo i controlli positivo e negativo che servono per valutare l’effettiva riuscita dell’analisi. Il grafico a destra invece riporta l’intensità fluorescente rilevata nel tempo (misurato come CT=numero di cicli) per ciascun fluoroforo (quindi ciascun gene).
Per il kit in questione tutti i segnali che superano una certa soglia prima del raggiungimento del 40esimo ciclo sono segnali che indicano una positività alla presenza di un gene del Sars-Cov-2.
Risultati positivi: se il risultato di un test di SARS-CoV è positivo, il paziente è infetto, anche nel caso in cui non presenti alcun sintomo della SARS.
Risultati negativi: se il risultato di un test di SARS-CoV è negativo, non è detto che il paziente non abbia contratto la SARS. La negatività del test nonostante i sintomi da SARS potrebbe dipendere da quanto segue:
- Al momento del prelievo del campione il virus non era ancora contenuto nel campione (non è ancora ben chiaro in quale stadio della patogenesi da SARS-CoV sia rilevabile il virus in un determinato campione).
- Il paziente presenta sintomi analoghi a quelli della SARS, ma che sono stati causati da un altro agente patogeno.
Inoltre, è possibile che sono uno dei 3 geni venga rilevato, in tal caso l’esito dell’analisi è dubbio, e spetta al biologo la decisione sulla base dell’interpretazione dei dati storici del paziente, decidere se dare positività certa o meno.
L’interpretazione dei dati non è semplice, e le tecniche diagnostiche sono state affinate in pochi mesi ma resta comunque un virus nuovo e per quanto in questi mesi sia stato studiato a fondo, sappiamo ancora molto poco su di esso.
Articolo davvero ben scritto. Avvicina alla vita di laboratorio anche i ‘non addetti ai lavori’!
Articolo molto interessante, complimenti!