Un recente studio pubblicato sulla rivista Nature ha dimostrato che il 100% di un gruppo di 285 pazienti affetti da COVID-19 ha sviluppato una risposta anticorpale specifica entro 19 giorni dall’inizio della malattia.
Vediamo di capirci qualcosa.
Cos’è un anticorpo?
Un anticorpo (o immunoglobulina) è una proteina prodotta da alcune cellule del nostro sistema immunitario, i Linfociti B. Queste molecole sono caratterizzate da una grandissima variabilità, il nostro organismo è infatti in grado di produrne circa un miliardo di tipi diversi. Ognuno di questi sarà specifico per un “bersaglio” molecolare. In questo modo siamo potenzialmente protetti da ogni tipo di infezione. Quando un virus o un batterio entrano nel nostro organismo, l’anticorpo specifico per quel patogeno andrà incontro ad espansione clonale. In altre parole verrà prodotto in grandissime quantità. Una risposta di questo tipo richiede circa 10-12 giorni per poter essere completata.
Cosa fanno gli anticorpi una volta prodotti?
I meccanismi di azione sono molteplici, sappiamo ad esempio che alcune porzioni del virus, la proteina spike tra le altre, possono essere legate da anticorpi specifici. In questo modo fungono da “etichetta”, rendendo il virus e le cellule infette più visibili al sistema immunitario che potrà così eliminarli con più efficacia. Inoltre le IgG, un particolare tipo di anticorpi, sembrano persistere per lungo tempo dopo la fine della malattia e potrebbero conferire una immunità specifica e duratura nel tempo. Ad una successiva reinfezione sarebbero immediatamente disponibili e impedirebbero lo sviluppo della malattia.
Alleati o avversari?
La principale causa di morte nell’infezione da Sars-Cov-2 è l’ARDS (sindrome da distress respiratorio acuto), spesso accompagnata da CID (coaugulazione intravasale disseminata).
Entrambe queste condizioni sembrano essere aggravate, o addirittura causate, da una risposta massiva del nostro sistema immunitario. La deposizione di anticorpi a livello polmonare potrebbe infatti agire come “calamita” e attrarre altre cellule del sistema immunitario, come i neutrofili, e molecole come l’Interleuchina-6. La coagulazione potrebbe essere stimolata, con conseguente trombosi diffusa.
Che cosa fa la differenza?
Secondo un recente studio dell’Istituto Superiore di Sanità la partita si giocherebbe nei primi 14 giorni dall’infezione, proprio il tempo che serve per disporre di una quantità sufficiente di anticorpi specifici. Nelle prime fasi successive all’ingresso del virus nell’organismo l’unica arma di cui disponiamo è l’immunità innata. Questa è rappresentata da anticorpi che non sono specifici per Il Coronavirus e che risiedono nella saliva e nelle secrezioni delle alte vie respiratorie.
Il virus può superare questa prima barriera se:
- L’immunità innata è debole, come avviene negli anziani e nei soggetti privi di anticorpi per difetti genetici;
- L’esposizione cumulativa al virus è enorme, per esempio tra medici e operatori sanitari che hanno curato molti pazienti gravi senza le opportune protezioni;
- Si compie attività fisica intensa nei giorni di incubazione immediatamente precedenti l’esordio della malattia, facilitando così la penetrazione diretta del virus nelle vie aeree inferiori e negli alveoli.
Una volta arrivato nei polmoni Sars-Cov-2 riuscirà a replicarsi indisturbato per diversi giorni. Quando gli anticorpi arriveranno, troveranno un numero altissimo di particelle virali già replicate e di conseguenza provocheranno una infiammazione talmente massiccia da provocare, in alcuni casi, il decesso.
Che cosa ci aspetta?
I risultati dello studio cinese sono molto promettenti. La presenza di anticorpi nel siero anche dopo la fine della malattia ci fa ben sperare che l’immunità nei confronti del virus si possa ottenere e che questa possa essere duratura. La ricerca di questi anticorpi nella popolazione potrà inoltre darci un’idea di quante persone abbiano effettivamente contratto il Sars-Cov-2, magari senza neanche sviluppare una sintomatologia. Si potrebbe inoltre pensare alla produzione di anticorpi sintetici che potrebbero rappresentare la terapia definitiva per COVID-19.
Fonti bibliografiche
- Abbas, Immunologia cellulare e molecolare, Edra, 2015.
- https://www.preprints.org/manuscript/202004.0436/v1
- https://www.nature.com/articles/s41591-020-0897-1